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I nanorobot a controllo mentale che vi osserveranno.



Per la prima volta, una creatura vivente è stata controllata dall’uomo utilizzando esclusivamente il pensiero, grazie a nanorobot che hanno rilasciato all’interno di alcuni scarafaggi dosi programmate di farmaci, in risposta all’attività cerebrale di chi ha condotto l’esperimento. Una tecnica che – sostengono già alcuni – potrebbe essere molto utile per il trattamento dei disordini mentali come la schizofrenia o – udite udite – come l’ADHD, laSindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività, la sindrome è stata inventata negli USA per tramutare i bambini iperattivi – quelli che una volta erano chiamati semplicemente “bambini” – in malati da imbottire di psicofarmaci, per la gioia delle case farmaceutiche.
Ma andiamo con ordine.
I nanorobot a controllo mentale che vi osserveranno

Come funzionano i nonobot?

I farmaci che siamo abituati ad assumere (per chi ne fa uso) hanno la caratteristica di diffondersi in tutto il corpo. Le conseguenze, sotto forma di “effetti collaterali”, sono note a tutti. Eppure la sostanza attiva che sarebbe necessario prendere potrebbe essere infinitamente inferiore, se fosse sprigionata esclusivamente nella parte del corpo in cui serve. Così, per risolvere la sfida, Shawn Douglas e i suoi colleghi della Harvard University’s Wyss Institute hanno usato la tecnologia cosiddetta “Dna Origami“: attraverso un software cui è stato insegnato come le eliche di DNA interagiscono, riescono a modellarle per dare loro la forma desiderata. E loro hanno scelto la forma della vongola, in maniera che potesse contenere una piccola quantità di farmaco.
Per evitare che la “vongola” di DNA si aprisse in altre parti del corpo, i ricercatori l’hanno dotata di due lucchetti. I lucchetti sono, in sostanza, due aptameri, cioè due filamenti di DNA disegnati per riconoscere una certa molecola. Quando l’aptamero e la molecola si incontrano, il filamento si apre e sblocca la conchiglia, permettendo la fuoriuscita del farmaco. Semplice no? Potreste farlo anche voi a casa.
Per mettere alla prova la loro tecnica, Shawn e soci hanno creato dei nanorobot disegnati per sbloccarsi all’incontro con cellule malate di leucemia, rilasciando una sostanza nota per interferire con il loro ciclo di crescita. Poi hanno rilasciato milioni di nanorobot in una cultura fatta di cellule umane sane e cellule malate. Risultato: dopo tre giorni la metà delle cellule malate erano morte, mentre quelle sane erano tutte perfettamente sane.

Da Israele, arrivano i nanorobot a controllo mentale.

Ora, un team dell’Interdisciplinary Center, a Herzliya, e della Bar Ilan University, a Ramat Gan, entrambi in Israele, hanno sviluppato un sistema che consente un controllo preciso sul momento esatto in cui il farmaco viene rilasciato nell’organismo. Quello che hanno fatto è mettere un “cancello” ai nanorobot, fatto di nanoporticelle, che si apre con l’energia elettromagnetica, lasciando così fuoriuscire il farmaco.
Ma come si può aprire, questo cancello? A titolo di esempio, i ricercatori hanno istruito un computer per distinguere l’attività mentale di una persona a riposo da quella che si sviluppa quando vengono eseguiti dei calcoli aritmetici. Poi hanno inserito una sostanza fluorescente nei nanorobot, iniettando questi ultimi nel corpo di alcuni scarafaggi e posizionando gli scarafaggi in una bobina elettromagnetica. La persona incaricata di controllare i nanorobot ha poi vestito un cappello EEG (elettroencefalogramma) in grado di misurare le attività cerebrali, sia in condizioni di riposo, sia specificamente se sviluppate in seguito a calcoli aritmetici. Il cappello è stato collegato alla bobina, che è stata così accesa quando l’uomo eseguiva calcoli e spenta quando l’uomo non li eseguiva. La fluorescenza che si attivava dall’interno delle blatte ha convalidato l’esperimento.

Nanorobot per l’ADHD?

È qui che uno stesso membro del team dell’Interdisciplinary Center, Sachar Arnon, ha dichiarato che “grazie a questa tecnologia si potrebbero tracciare gli stati cerebrali che si manifestano nell’ADHD, o nella schizofrenia per esempio“, e somministrare i farmaci solamente quando sono necessari. Farmaci rilasciati in maniera preventiva, insomma, portati da strutture cosiddetta DNA Origami a conchiglia, che si attivano dove serve e, soprattutto, quando la mente fa pensieri di un certo tipo. “La gente potrebbe avvalersene per scopi differenti“, continua Arnon: “Immaginate se si potesse assumere l’esatta quantità di alcol che desideri per essere in uno stato di felicità, ma non ubriaco. È un po’ sciocco, ma potrebbe succedere. Abbiamo solo grattato la superficie“.

Il controllo mentale è servito

La tecnologia sviluppata dai ricercatori israeliani non è ancora disponibile per l’uomo: andrebbero prima sviluppati rilevatori di onde cerebrali di dimensioni accettabili per essere “vestiti” in qualunque occasione, ma sappiamo bene che si fanno passi da gigante di anno in anno, e perfino di mese in mese, dunque non è affatto un azzardo ipotizzare che a breve tali dispositivi saranno disponibili. Allora cosa succederà?
Ovviamente vi sono ricadute positive, come la possibilità di colpire esclusivamente le cellule malate, per esempio quelle cancerogene, evitando gli effetti collaterali dovuti alle dosi più elevati di farmaco attualmente necessarie. Però è indiscutibile che, nell’era del dominio della tecnica sull’umanesimo (dove cioè ci si chiede sempre meno “se una cosa sia giusto farla“, ma solo “se può essere fatta“), e nell’era dell’invenzione di nuove malattie ottenute semplicemente attraverso la ridefinizione di comportamenti o stati che prima erano definiti “normali”, avremo psicologi che prescriveranno nanorobot se i nostri figli saranno giudicati troppo vivaci, i quali “verranno tranquillizzati” ogni volta che la sovraeccitazione starà per prendere il sopravvento (magari perché le gote gli si accenderanno di rosso mentre giocano con un cucciolo in un prato). Oppure avremo sentenze di giudici che prescriveranno nanobot che rilasceranno farmaci tranquillanti ogni volta che l’attività cerebrale di un condannato (o perfino di un imputato, che potrebbe scegliere questa strada come forma di patteggiamento) sembrerà manifestare pensieri delittuosi (con il risultato che si addormenteranno al cinema, durante un qualunque thriller). O magari avremo nanobot per uomini infedeli, che si attivano impedendo l’erezione ogni volta che i mariti si eccitano ma si trovano lontano dalle loro mogli (e anche questo potrebbe essere imposto, ad esempio, da sentenze nell’ambito dei procedimenti coniugali). E che dire di nanobot che i servizi segreti potrebbero inserire nel corpo di intellettuali dissidenti, che inducono in loro uno stato di serenità e di pace ogni volta che si accingono, anziché a fare calcoli aritmetici, a scrivere articoli critici sulla politica e sul sistema?
La fantasia diventerà il solo limite all’utilizzo di una tecnologia tanto utile quanto pericolosa. I cosiddetti “complottisti”, che tanto temevano di essere controllati dai famigerati microchip sottopelle, avranno ora di che preoccuparsi.
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