L'elettroshock produce amnesia, incapacità ad apprendere, danni cerebrali irreversibili, paura, apatia, perdita di creatività, caratteristiche queste che ne fanno un ottimo mezzo di controllo della personalità, niente di strano quindi che la sua sperimentazione venne sovvenzionata dalla CIA in funzione del suo programma di "controllo mentale".
Alcuni di questi esperimenti furono portati avanti dal dottor Ewen Cameron e consistevano in periodi di uno-due mesi di elettroshock (6 scosse due volte al giorno, a volte anche in soggetti di 60 anni) e nell'uso immediatamente successivo in un periodo in cui secondo lo stesso Cameron nel paziente vi è completa amnesia, di messaggi registrati che venivano fatti ascoltare per 16 ore al giorno, il tutto condito con dosi massicce di barbiturici che inducevano il sonno per gran parte della giornata.
Da notare che il dottor Cameron fu eletto di volta in volta presidente dell'Associazione Psichiatrica Americana, Canadese e Mondiale, nonché della Società di Psichiatria Biologica, segno più che mai evidente che i suoi colleghi approvavano ed ammiravano le sue "ricerche".
D'altronde nello stesso periodo fra gli anni 40 e 50 vi furono numerosi altri esperimenti similari riportati nelle riviste psichiatriche con nomi agghiaccianti quali "elettroshock regressivo", "blitz elettroshock", "terapia di annichilazione". Queste tecniche furono poi abbandonate, ma nel 1966 un'altra forma di elettroshock intensivo fu introdotta il cui uso pare essere in aumento. Tale tecnica detta "terapia elettroconvulsiva multipla monitorizzata" prevede 4-8 scosse a due minuti di intervallo per ogni seduta
E chi ha fornito i soldi per tali esperimenti? Oltre alla CIA che li ha sovvenzionati parzialmente per un certo periodo, la maggior parte dei soldi necessari per sviluppare queste tecniche sono sempre venuti dagli stessi pazienti che le subivano e dai loro parenti che pagavano per il loro ricovero nei vari istituti di "Salute mentale"!
"Ovviamente" queste tecniche sono ancora in uso specie nelle zone di conflitto in Medio Oriente, ma probabilmente anche "in patria" per produrre killer manipolati (assassinio di Kennedy?).
E non pensiate che l'Italia stai a guardare, perchè esiste un'associazione di solidarietà con le vittime del controllo mentale con armi elettroniche, il caso più famoso è quello di Paolo Dorigo. Se volete qui c'è un interessante documento in pdf.
Quella che segue è la testimonianza di un sopravvissuto della psichiatria che ho tradotto personalmente da un giornale canadese (il "Phoenix rising"). Essa è una delle tante storie atroci degli esperimenti che sono stati fatti dalla psichiatria su "pazienti" involontari (anche bambini molto piccoli) trattate alla stregua di cavie viventi.
E sebbene sia solo una parte del quadro, rende benissimo l'idea del progetto di controllo mentale denominato MK-ULTRA, al quale la psichiatria (specie quella degli Stati Uniti d'America) ha attivamente collaborato.
Ted Chabasinsky, ricoverato a New York nel 1944: "Prima che nascessi avevano già stabilito che ero matto". A 6 anni il primo elettrochoc.
Questa è la storia dell'altra metà della mia vita.
Psichiatri e assistenti sociali avevano già deciso prima ancora che io nascessi che io sarei diventato un paziente delle istituzioni psichiatriche. La mia madre naturale era stata rinchiusa poco prima che io nascessi e fu rinchiusa nuovamente subito dopo. L'assistente sociale del Foundling Hospital disse ai miei genitori adottivi che mia madre era "diversa" e Miss Callaghan ben presto li indusse a trovare sintomi anche in me. Ogni mese Miss Callaghan veniva a discutere dei miei problemi coi miei genitori adottivi. Se io volevo semplicemente stare nel giardino sul retro con mia sorella e giocare a fare tortine di fango, questo era un segno che ero troppo passivo e introverso, e mia madre e mio padre avrebbero dovuto incoraggiarmi a esplorare maggiormente gli altri posti nelle vicinanze. Quando iniziai a vagare per i dintorni andai nel giardino di un vicino di casa e colsi alcuni fiori. Il vicino si lamentò e Miss Callaghan tenne una lunga discussione coi miei genitori sul modo di reprimere i miei impulsi dannosi.
Quando Miss Callaghan ebbe scoperto abbastanza sintomi fui spedito in un istituto psichiatrico per bambini per essere diagnosticato ufficialmente e diventare una cavia per la dottoressa Lauretta Bender. Fui uno dei primi bambini "trattati" con l'elettroshock. Avevo sei anni.
Non volevo subire l'elettroshock, non volevo! Ci vollero tre infermieri per tenermi. All'inizio fu la dottoressa Bender in persona ad azionare l'interruttore, ma più t ardi quando non fui più un caso interessante, il mio torturatore fu diverso ogni volta.
Volevo morire, ma non avevo realmente idea di cosa fosse la morte. Sapevo che era qualcosa di terribile. Forse sarò così stanco dopo il prossimo trattamento che non mi alzerò più, e sarò morto. Ma mi rialzavo sempre. Qualcosa in me al di là dei miei desideri mi faceva ritornare in me stesso. Memorizzavo il mio nome, insegnai a me stesso a dire il mio nome. Teddy, Teddy, io sono Teddy ... io sono qui, io sono qui, in questa stanza, nell'ospedale. E la mia mamma se n'è andata ... Voglio andare giù, voglio andare dove l'elettroshock mi sta mandando, voglio smettere di lottare e morire ... e qualcosa mi ha fatto vivere e andare avanti a vivere. Dovevo ricordarmi di non lasciare che nessuno mi stesse più vicino.
Passai il mio settimo compleanno in questa maniera, e il mio ottavo ed il nono rinchiuso in una stanza al Rockland State Hospital. Avevo imparato che la migliore maniera di resistere era di dormire il più possibile, e dormire era tutto quello che potevo fare in ogni caso. ero in uno stato di costante deperimento ed iniziai ad avere raffreddori che duravano tutto l'anno perché il più sadico infermiere spegneva il riscaldamento e apriva la finestra anche a Dicembre. Il dottor Sobel disse che ciò era un segno della mia debolezza e che non amavo l'aria fresca.
A volte gli infermieri lasciavano la porta della mia stanza aperta mentre il resto dei ragazzi andavano nella stanza da pranzo ed io andavo in giro a cercare qualcosa da leggere, qualcosa da guardare, con cui giocare, qualsiasi cosa che avessi potuto usare per distrarmi. Conservavo parte del mio cibo e pensavo per ore a quando l'avrei mangiato. A volte i gatti correvano attraverso la stanza, lungo i muri, e li guardavo con attenzione stando attento a non spaventarli. Avrei voluto essere abbastanza piccolo da correre sotto la porta come potevano fare loro. A volte non c'era niente nella stanza, proprio niente, ed io mi stendevo sul materasso e piangevo. Cercavo di addormentarmi ma non potevo dormire 24 ore al giorno, e non potevo sopportare i sogni. Mi raggomitolavo come una palla, afferrando i ginocchi e rotolando avanti e indietro sul materasso cercando di confortarmi. E ho pianto e pianto sperando che qualcuno venisse. Sarò buono dicevo.
E l'infermiere mi guardava fisso inaspettatamente attraverso la piccola finestra irrobustita con dei fili all'interno in modo che io non potessi rompere il vetro ed uccidermi.
E così ho passato la mia infanzia svegliandomi da un incubo all'altro in stanze chiuse a chiave con ritagli di giornali e pagine di fumetti strappate e croste di pane e i miei anici i gatti, con nessuno che mi dicesse chi fossi. E quando compii 17 anni e i medici pensarono di avermi distrutto mi liberarono.
Fonte: http://scienzamarcia.blogspot.it