Il CDC riporta che nessuno negli Stati Uniti, è morto di morbillo negli ultimi 12 anni. Nel frattempo dobbiamo registrare 98 decessi correlati al vaccino anti-morbillo dal 2003. Durante tale periodo di tempo, sono stati segnalati al sistema di reporting Vaccine Adverse (VAERS) 694 casi di disabilità correlate al vaccino anti-morbillo. La mortalità infantile a causa di morbillo è di 200 a 400 volte maggiore nei bambini malnutriti nei paesi meno sviluppati rispetto a quelli che vivono nei paesi sviluppati; come la nutrizione migliora, le complicazioni e le morti diminuiscono gradualmente. Questi sono solo alcuni dati che devono farci riflettere sulla reale necessità di avere oggi un programma mondiale di vaccinazione contro il morbillo: a fronte di una monocultura vaccinale che si dimostra sempre più invasiva – tanto da mettere in seria discussione anche le libertà personali e il diritto all’istruzione dei non vaccinati – abbiamo il dovere di andare oltre le apparenti sicurezze che ci vengono inculcate sulla pratica vaccinale acquisendo la giusta consapevolezza dei fatti, anche attraverso un excursus storico, come ci viene proposto dalla dott.sa Suzanne Humphries nel libro “Dissolving Illusions About the Measles Vaccine”.
Riprendendo le conclusioni di questo lavoro, oggi abbiamo il dovere di analizzare razionalmente e obiettivamente i rischi e i benefici di qualsiasi programma di vaccinazione, piuttosto che fare affidamento su campagne fondate sulla paura, progettate dai produttori di vaccini a caccia di profitto e promosse attraverso le agenzie governative di regolamentazione e di definizione delle politiche sanitarie, insieme con i media coinvolti in questa rete di conflitti di interesse.
Il lavoro che vi proponiamo è stato pubblicato su mercola.com,http://articles.mercola.com/sites/articles/archive/2015/03/24/dissolving-illusions-measles-vaccine.aspx?e_cid=20151215Z2_DNL_SECON&utm_source=content&utm_medium=email&utm_content=secon&utm_campaign=20151215Z2&et_cid=DM92568&et_rid=1264443417il 24 marzo 2015 ed è tratto proprio dall’omonimo testo scritto da Suzanne Humphries, MD e Roman Bystrianyk, http://www.amazon.com/Dissolving-Illusions-Disease-Vaccines-Forgotten/dp/1480216895 . Le note integrative al lavoro pubblicato su mercola.com sono tratte da:http://drsuzanne.net/2015/10/why-dr-suzanne-humphries-an-anti-vaccine-activist-is-lying-to-you-about-measles/
Introduzione
Questo articolo è stato tratto lavoro della Dottoressa Suzanne Humphries “Dissolving Illusions”, con il contributo del dottor Mercola, Barbara Loe Fisher e Sayer Ji. Se avete un sincero interesse per questo argomento vi consigliamo vivamente di acquistare una copia di questo libro eccellente.
Nel numero del 24 marzo 2015 di The Journal of American Medical Association(JAMA) [1] si sostiene che il consenso della comunità scientifica è a favore dei vaccini per l’infanzia, considerati sicuri ed efficaci, secondo il CDC e l’OMS fra i 10 grandi successi del 20° secolo.
Con questa considerazione delle vaccinazioni, non c’è da meravigliarsi più di tanto se, da quando a circa una cinquantina di visitatori di Disneyland (California) è stato diagnosticato il morbillo all’inizio del 2015, l’intero paese è stato sottoposto a un fuoco di fila incessante di articoli dei media tradizionali che hanno accusato i bambini non vaccinati per un’epidemia di morbillo che, al 16 marzo 2015, consisteva di ben 176 casi [2], un numero decisamente insignificante di casi su una popolazione di 320 milioni di persone.
Il modo in cui funzionari della sanità pubblica e i media hanno alimentato la paura irrazionale sul morbillo e l’hanno utilizzato per promuovere leggi che vietino tutte le esenzioni non mediche alle vaccinazioni – o per perseguire penalmente ed incarcerare gli obiettori – fa pensare che stiamo vivendo in una sorta di romanzo fantascientifico distopico (Il termine distopia è stato coniato come contrario di utopia ed è utilizzato in riferimento alla rappresentazione di una società fittizia, nella quale alcune tendenze sociali, politiche e tecnologiche avvertite nel presente sono portate a estremi negativi, N.d.R. ).
Non si era mai vista una tale campagna di disinformazione, così ben coordinata, per denigrare praticamente chiunque metta in discussione l’efficacia e la sicurezza dei vaccini e per garantire la continua espansione dei programmi di vaccinazione del CDC [3].
Mentre alcuni sostengono che il supporto a questa campagna sia semplicemente orientato a tutelare la “salute pubblica”, si è completamente persa la capacità di esercitare la professione giornalistica in modo equo ed equilibrato. Praticamente ogni mezzo di informazione ha abboccato con tutto l’amo alla propaganda prodotta da Big Pharma e non è riuscito a ricercare con attenzione o analizzare in modo indipendente i fatti.
La posta in gioco è molto più grande del morbillo. Si tratta di portare l’intera popolazione ad accettare il concetto che la vaccinazione è un modo più efficace per mantenersi in salute, per rafforzare l’immunità naturale, ottimizzare la funzione immunitaria e quindi è essenziale per la prevenzione delle malattie e le gravi complicazioni da malattie infettive.
I media trascurano completamente i conflitti di interesse insiti nel partenariato finanziario pubblico-privato tra industria e agenzie governative e il fatto che Big Pharma ha avuto nel 2015 [4] un profitto pari a 35 miliardi di dollari dalle vendite dei vaccini, cifra che si prevede arrivi a più di 57,8 miliardi di dollari entro il 2019 [5].
Il CDC afferma che negli Stati Uniti dal 2003 nessuno è morto da infezione acuta da morbillo: ma quanti morti a causa delle vaccinazioni anti-morbillo sono stati segnalati da allora?
Se dovessimo dar credito alle storie raccontate nei media sul morbillo in America oggi (ma non solo in America, N.d.R.), sembra che i bambini che contraggono il morbillo vengano ricoverati in ospedale in gran numero e che regolarmente muoiano per le complicazioni della malattia.
Ma se guardiamo l’ultimo rapporto (13 marzo 2015), pubblicato dal California Department of Health, ci rendiamo conto che su 133 casi di morbillo segnalati in quello Stato da dicembre 2014, 20 persone sono state ricoverate in ospedale mentre l’81% dei casi si sono risolti senza la necessità di cure speciali e non ci sono stati morti [6].
Inoltre, mentre il 43% dei casi si sono verificati in soggetti che non erano stati vaccinati, il 15% si sono verificati in soggetti già vaccinati: ancora, il 56% dei casi sono stati registrati in adulti oltre i 20 anni solo il 18% dei casi riguardavano bambini o ragazzi in età scolare, tra i 5 ei 19 anni, mentre il 15% erano bambini di età da uno a quattro anni, l’11% infine erano bambini sotto l’anno di età.
Se esaminiamo i dati dei report sulla mortalità per morbillo del governo americano tra il 2005 e il 2015, troviamo sei adulti e un bambino (Nazional Vital Statistics, [7]) e i decessi sono sempre legati a complicazioni legate al morbillo. Solo ad un bambino, un maschio tra uno e quattro anni, è stata fatta una autopsia per confermare questa correlazione. Tuttavia, da una corrispondenza privata fra il dott. Meryl Nass (MD) e il CDC sulle morti da morbillo negli USA il CDC ha risposto per iscritto che, “Le ultime morti documentate negli Stati Uniti, direttamente imputabili all’infezione acuta da morbillo, si sono verificate nel 2003” [8]
Vicky Debold, PhD, RN, che opera come volontario per il National Vaccine Information Center (NVIC), ha condotto una ricerca indipendente sui dati di mortalità per morbillo negli Stati Uniti e ha trovato una discrepanza tra ciò che il CDC ha riferito al dott. Nass e le informazioni pubblicate dal National Vital Statistics. Il dott. Debold afferma, “Solo un caso di morte per morbillo in un bambino tra uno e quattro anni, in seguito ad encefalite, è stato confermato dall’autopsia negli Stati Uniti. Il resto dei decessi per morbillo segnalati dopo il 2003 riguardano sei adulti senza alcuna conferma dalle autopsie (2 nel 2009, 2 nel 2010, 2 nel 2012). Fra gli adulti sono stati registrati un caso di morte per encefalite post-morbillo, uno per polmonite post-morbillo, mentre due decessi sono stati attribuiti al morbillo senza alcuna particolare complicazione”.
Morti per morbillo: sono 98 o 980?
Il dott. Debold, incuriosito dal fatto che il CDC non aveva riconosciuto – nella risposta data al dott. Nass – il caso del bambino morto nel 2005 (apparentemente per morbillo o per eventuali complicazioni) ha avviato un’indagine per scoprirne il motivo e per verificare se, eventualmente, il caso non fosse correlabile alla vaccinazione MPR. Cercò nei rapporti VAERS (Vaccine Adverse Events System) utilizzando il database MedAlerts [9], e trovò cinque decessi associati al virus del morbillo contenuto nei vaccini MPR e verificatisi in USA nel 2005, in maschi di età compresa tra uno a quattro anni.
Uno di questi casi del 2005 riporta sintomi quali “febbre lieve, encefalite non infettiva ed encefalopatia” dopo vaccinazione con i vaccini MPR, Varicella ed Influenza di un bambino di un anno, morto cinque giorni dopo la sessione vaccinale (ID VAERS # 250504 ).
Il rapporto dell’autopsia indica “sindrome da morte improvvisa dell’infanzia, SIDS” come causa di morte; tuttavia, non vi era alcuna menzione di un RASH o altri sintomi simili correlabili al morbillo così come al vaccino MPR stesso. Possiamo dire quindi che i decessi per morbillo negli USA dal 2003 variano da zero a sette: ma quanti sono stati gli eventi avversi alla vaccinazione MPR registrate nel VAERS che hanno portato alla morte dei soggetti vaccinati negli ultimi 12 anni?
Dalla ricerca nel database MedAlerts, troviamo la registrazione di 98 morti in seguito a vaccinazioni MPR o MPRV segnalati nel VAERS, verificatisi tra il 2003 e il 2015. Inoltre, ci sono state, nello stesso lasso di tempo, 694 segnalazioni di disabilità in seguito a vaccinazioni MPR o MPRV. E’ stato inoltre stimato che gli eventi avversi registrati nel VAERS corrispondono a meno del 10% di quelli che in realtà si verificano [10, 11].
Considerando il fatto che ci sono stati 98 decessi per complicazioni correlate alla vaccinazione MPR/MPRV e 694 segnalazioni di disabilità negli ultimi 12 anni, se questi dati corrispondono al 10% degli eventi reali potremo dedurre che il numero effettivo di morti e disabilità correlate al vaccino che si sono verificati a partire dal 2003 potrebbero essere ben 980 (morti) e 6.940 (disabilità).
Purtroppo, molti pediatri descrivono le complicazioni correlabili alle vaccinazioni come una “coincidenza“, affermando che “non ci sono prove” a dimostrazione dell’ipotesi di una correlazione tra gli eventi e questa è una delle ragioni che sono alla base delle scarse segnalazioni. Naturalmente, molti medici e operatori sanitari respingono totalmente ogni possibile ipotesi di reazione avversa ai vaccini.
La storia del morbillo
Guardando i dati del periodo pre-vaccino in Inghilterra, il tasso di mortalità è diminuito di quasi il 100%. La letteratura medica del tempo indica che il morbillo dal 1950 era considerato una malattia lieve. Nel 1962 [105] nel Regno Unito, ci sono stati 184,895 casi di morbillo e 39 decessi, vale a dire 1 decesso ogni 4.740 casi. Ma oggi il CDC ci dice che “ogni 1000 casi di morbillo, ci sono da 1 a 2 decessi”: se anche questo fosse vero, che cosa è cambiato da allora?
I dati USA per il morbillo nel 1962, secondo CDC [106] erano i seguenti: “Nel decennio precedente il rilascio dell’autorizzazione del vaccino a virus vivo contro il morbillo – nel 1963 – venivano riportati una media di 549.000 casi di morbillo e 495 decessi ogni anno. In realtà, quasi ogni americano veniva colpito dal morbillo nell’arco della vita e si può stimare quindi che si verificassero dai 3 ai 4 milioni di casi di morbillo ogni anno“. Quindi, 495 morti ogni 4.000.000 di casi corrispondono a 1 decesso ogni 8080 casi di morbillo, un rapporto ben lungi dai valori dichiarati dal CDC.
Anche una revisione informale della letteratura disponibile rivelerà che la riduzione della mortalità per morbillo non è attribuibile in modo particolare alla vaccinazione, quanto piuttosto alle migliorate condizioni nutrizionali. La mortalità infantile per morbillo è infatti ancora oggi da 200 a 400 volte maggiore nei bambini malnutriti che vivono nei paesi sottosviluppati. E’ chiaro a tutti che, con il miglioramento delle condizioni nutrizionali, l’ottimizzazione dei livelli di vitamina D e A, le complicazioni e le morti per morbillo diminuiscono radicalmente.
Inoltre, sperimentando l’infezione naturale del morbillo durante l’infanzia si possono conferire benefici per la salute e anche vantaggi nella speranza di vita e nella prevenzione di malattie autoimmuni e infiammazioni croniche, tra cui il cancro, il che significa attivare il nostro sistema immunitario (SI) a tutto vantaggio delle nostre capacità di auto-difesa [12].
Superare quindi una infezione naturale da morbillo significa effettivamente acquisire una protezione di lunga durata verso la malattia che, se contratta in età adulta porta a complicazioni maggiori.
Ci sono poi evidenze in letteratura che confermano come il vaccino a virus attenuati per il morbillo non solo possa causare la malattia stessa – senza la possibilità di eliminare il virus dall’organismo – ma anche che questo venga poi diffuso attraverso le secrezioni corporee e nelle urine [13].
Non dobbiamo minimizzare i potenziali effetti letali del morbillo, che però normalmente non si manifestano in popolazioni ben nutrite. Nel corso del 1800, si sono verificate epidemie di morbillo circa ogni due anni negli Stati Uniti e in Inghilterra. Durante queste epidemie, quando le condizioni igieniche non ottimali e la malnutrizione erano la norma, alcuni reparti ospedalieri traboccavano di bambini affetti da morbillo e la mortalità per polmonite e per altre complicazioni raggiungevano il 20%. Tuttavia, dagli anni ‘60, le morti per morbillo erano scese a livelli bassissimi sia in Inghilterra che negli Stati Uniti. In Inghilterra, il declino della malattia dal picco massimo raggiunto era arrivata alla sorprendente soglia del 99,96% prima che il vaccino a virus vivi attenuati fosse introdotto, nel 1968.
La letteratura medica degli anni ‘50 ci racconta che la malattia era generalmente considerata lieve, e che i medici non raccomandavano di prevenirla. Non c’era nessuna volontà di impedire la diffusione del morbillo, ed era raro l’intervento medico per ottenerne la guarigione. L’infezione si risolveva in una settimana e i medici affermavano che le madri raccontavano come i loro figli ottenessero un beneficio generale nella salute una volta superata la malattia.
Non ci sono state quindi al tempo particolari iniziative per prevenire le infezioni da morbillo, anche nei bambini più piccoli, nei quali la malattia non era particolarmente grave. Questo era l’atteggiamento prevalente della medicina nel 1959. Cos’è successo in seguito?
Foto per gentile concessione del College of Physicians di Filadelfia, la storia dei vaccini. [104]
Nel 1963, sono stati introdotti, come sappiamo, due vaccini contro il morbillo. Il primo è stato il vaccino a virus uccisi che ha dimostrato la sua inefficacia nella protezione dalla malattia. Coloro che furono vaccinati con questo vaccino e vennero poi in contatto con il virus selvaggio si ammalarono di una forma molto più grave di morbillo. Secondo la letteratura questa situazione si è protratta per quasi 16 anni [52].
Allo stesso tempo, veniva introdotto un vaccino del morbillo ottenuto dal virus vivo, lievemente attenuato, che causò effetti collaterali talmente gravi da richiedere la somministrazione di gammaglobuline per ridurli e mitigare nel contempo la gravità della malattia che si sviluppava anche nei soggetti
vaccinati. La cosa curiosa è che, chiunque si ammalava di morbillo dopo la vaccinazione, non veniva segnalato. Questi erano gli unici due “vaccini” in uso negli Stati Uniti, fra il 1963 e il 1968, ovvero nel periodo in cui assistiamo al cosiddetto “declino del morbillo“.
vaccinati. La cosa curiosa è che, chiunque si ammalava di morbillo dopo la vaccinazione, non veniva segnalato. Questi erano gli unici due “vaccini” in uso negli Stati Uniti, fra il 1963 e il 1968, ovvero nel periodo in cui assistiamo al cosiddetto “declino del morbillo“.
Il calo dei casi segnalati può essere solo un artefatto statistico simile a quello che viene definito “l’effetto aspettativa”. Negli anni del cosiddetto declino della malattia negli Stati Uniti, tra il 1963 e il 1968, le vaccinazioni hanno prodotto una coltre di “casi di morbillo non-selvaggio” neutralizzato con le gammaglobuline: questi casi, indotti dal vaccino, hanno semplicemente preso il posto del morbillo selvaggio.
L’effetto aspettativa, noto anche come effetto Rosenthal, è l’effetto di distorsione dei risultati di un esperimento dovuto all’aspettativa che i soggetti sperimentali hanno verso i risultati stessi. È conosciuto soprattutto nel campo della ricerca medica e nelle scienze sociali. Il disegno sperimentale in cui i soggetti non sono al corrente di alcune delle procedure sperimentali è detto “cieco semplice” (single-blind control procedure). Per controllare sia l’effetto aspettativa dovuto al soggetto che quello dovuto all’osservatore, si adotta il disegno sperimentale in doppio cieco (double blind), o in triplo cieco, in cui anche le analisi statistiche vengono svolte da un ricercatore all’oscuro degli obiettivi dell’esperimento.
Quando i medici o le autorità sanitarie sono nel panico, l’immunoglobulina continua ad essere utilizzata ancora oggi. Il CDC [101] e i vari operatori sanitari [102], [103] negli Stati Uniti hanno le proprie linee guida per l’uso di immunoglobuline nei casi di morbillo.
Negli anni che vanno dal 1963 al 1968 i medici che utilizzavano il vaccino a virus vivo del morbillo – che causava un numero elevato di stati febbrile e casi sintomatici – erano così preoccupati che di solito somministravano simultaneamente le immunoglobuline. Tutto questo è ben documentato, e la pratica non si è fermata fino a quando non venne reso disponibile un vaccino sufficientemente attenuato, qualche anno più tardi, nel 1968. L’utilizzo delle immunoglobuline in quegli anni aiutò a far apparire i casi di morbillo dei vaccinati meno gravi, anche se erano casi di morbillo clinici, e senza l’utilizzo delle gammaglobuline, il loro decorso sarebbe stato molto più severo. Così questi casi di morbillo “modificati” non sono mai stati considerati come casi di morbillo, e questo ha contribuito a creare il “declino” dei casi di malattia (casi clinici) nell’era post-vaccino.
Quando fu autorizzato il primo vaccino a virus inattivato (ucciso) contro il morbillo, nel 1963, il tasso di mortalità per morbillo in alcuni stati, come il Massachusetts, aveva già raggiunto lo zero. Nello stesso anno, tutto il New England registrava solo cinque decessi attribuiti al morbillo.
Teniamo anche presente il quadro generale di quegli anni: questi erano i morti prima dell’uso di vaccini contro il morbillo, nel 1960, quando le morti per asma erano 56 volte maggiori, per incidenti in generale 935 volte maggiori, per incidenti automobilistici 323 volte maggiori, per malattie cardiache 9.560 volte maggiori … e così via. Perché così tanta enfasi, e così sproporzionata, per le morti da morbillo?
La mortalità del morbillo è diminuita di oltre il 98% negli Stati Uniti già prima dell’introduzione del primo vaccino. Il declino del tasso di mortalità era, ed è uno dei migliori indicatori, il più significativo del generale miglioramento della salute. Ecco perché tutti i paesi misurano i loro progressi dal declino della mortalità e dalla maggiore aspettativa di vita. Ecco perché quando i medici si arrabbiano perché i genitori non accettano di vaccinare o di somministrare farmaci spesso dicono: “Ma il vostro bambino potrebbe morire!”
L’immunità di gregge non funziona per il morbillo
Il dottor Alexander Langmuir è conosciuto come “il padre dell’epidemiologia delle malattie infettive“.
Nel 1949, ha creato la sezione di epidemiologia di quello che divenne poi il CDC. Ha anche diretto la Polio Surveillance Unit che è stata avviata nel 1955, dopo che i problemi con la sicurezza del vaccino antipolio sono diventati di dominio pubblico. Secondo il dottor Langmuir e molti altri esperti, il vaccino contro il morbillo avrebbe dovuto eradicare questa malattia – che si verificava normalmente durante l’infanzia – già nel 1967. Ma, naturalmente tutto ciò non è accaduto.
Piuttosto, uno studio del 1994 ha indicato che, a fronte dell’aumento delle coperture vaccinali, il morbillo è diventato una
malattia riscontrabile in tutte le fasce di età nelle popolazioni in cui era stata vaccinata la maggioranza dei bambini. Questa sorpresa “non troppo sorprendente …” mette seriamente in discussione la teoria secondo cui il vaccino contro il morbillo possa indurre la cosiddetta “immunità di gregge“, fornendo una completa protezione contro eventuali focolai di morbillo.
malattia riscontrabile in tutte le fasce di età nelle popolazioni in cui era stata vaccinata la maggioranza dei bambini. Questa sorpresa “non troppo sorprendente …” mette seriamente in discussione la teoria secondo cui il vaccino contro il morbillo possa indurre la cosiddetta “immunità di gregge“, fornendo una completa protezione contro eventuali focolai di morbillo.
Come ammesso e pubblicato nei rapporti degli stessi CDC e documentato nella letteratura medica, focolai di morbillo si sono verificati nelle popolazioni scolastiche vaccinate con percentuali che andavano dal 71% al 99,8%[14].
Potrebbe essere stato “sorprendente” al momento, ma è diventato oramai un fatto normale che focolai di morbillo si sviluppino in popolazioni scolastiche vaccinate anche oltre il 98% [15]
Ancor più recentemente, uno studio condotto nella provincia di Zhejiang, in Cina, mostra che le popolazioni dove si è raggiunta una copertura vaccinale contro il morbillo pari al 99% – attraverso programmi di vaccinazione obbligatoria – si stanno ancora sperimentando consistenti focolai ben oltre ogni previsione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Tutto ciò mette in discussione il ruolo del vaccino MPR per una protezione duratura contro l’infezione da morbillo [16].
Abbiamo sempre letto che il morbillo è un singolo virus sierotipo, il che significa che i suoi antigeni di superficie sono abbastanza ben conservati (anche se è un virus a RNA, il che di solito lo porta ad essere piuttosto instabile a livello genetico). Da quando è stata utilizzata la tecnologia PCR (La reazione a catena della polimerasi (in inglese PCR sta per Polymerase Chain Reaction, è una tecnica di biologia molecolare che consente la moltiplicazione di frammenti di acidi nucleici dei quali si conoscano le sequenze nucleotidiche iniziali e terminali), sono stati identificati otto cluster virali del virus del morbillo e 24 diversi genotipi [82]. In passato, l’ipotesi di partenza è stata sempre quella che il virus del morbillo contenuto nel vaccino potesse coprire tutti i ceppi.
Tuttavia, questo non spiega come mai l’OMS abbia riportato elevati tassi di morbillo in alcuni paesi con alti tassi di vaccinazione, come ad es. la Cina, che ha una copertura vicina al 99% [83].
La risposta fornita in questo caso è che comunque il vaccino funziona ma che la Cina è così grande ed affollata da giustificare un numero così elevato di casi di morbillo. Ma se questo fosse vero allora come avrebbero potuto i ceppi virali descritti da Finsterbusch [84] eludere gli anticorpi indotti dal vaccino nei test di laboratorio? [85]
La “spiegazione” fornita in questo lavoro è che alcuni ceppi non sono riconosciuti dagli anticorpi derivati dal vaccino contro il morbillo, salvo poi entrare in piena contraddizione affermando che questi potevano ancora efficacemente essere neutralizzati dal siero policlonale umano indotto dal vaccino. Ma poi affermano … “Le implicazioni della variante [mutante] L397 non sono facili da valutare, ma i risultati ottenuti per altri virus puntano a un certo potenziale di rischio per quanto riguarda la fuga dagli anticorpi prodotti con la vaccinazione o un’infezione precedente”.
Il virus H1, con la sostituzione L397, è quella prevalentemente circolante in tutta la Cina, che ha più di 100.000 casi di morbillo ogni anno.
I ceppi mutanti sono una reale preoccupazione per molti scienziati che studiano il morbillo, perché sanno che i virus selvaggi eludono gli anticorpi indotti dal vaccino. Sanno che una percentuale dei casi di morbillo si verificano con due o anche con tre dosi di vaccino e sanno che i sieri delle persone vaccinate non possono sempre neutralizzare il virus selvaggio. Questo dà un vantaggio al virus, perché può mutare nella persona vaccinata in quanto non viene rapidamente neutralizzato; nello stesso modo anche gli antibiotici causano mutazione batterica, quando i batteri bersaglio non sono effettivamente eliminati.
Sappiamo che oggi la stessa cosa sta avvenendo in misura molto maggiore con il vaccino della parotite, come evidenziato da due ex virologi della Merck, che hanno fatto causa all’azienda richiamandosi al False Claims Act (Il False Claims Act, chiamato anche “Legge Lincoln” è una legge Federale Americana che impone la responsabilità sulle persone e società che frodano i programmi governativi), affermando che la Merck ha mentito e costantemente gonfiato illegalmente la potenzialità del suo vaccino contro la parotite. Il vaccino è stato testato contro il ceppo virale indebolito, in modo tale che gli anticorpi prodotti dal vaccino potessero superare i test di neutralizzazione in misura sufficiente il virus selvaggio: ma questo sta dando al virus selvaggio della parotite un vantaggio adattivo all’interno della popolazione vaccinata infettata.
In uno studio molto interessante fatto nel 2000 [86], il dott. Klingele e collaboratori esaminarono la resistenza di diversi ceppi di virus del morbillo (da ceppi virali selvaggi a ceppi virali contenuti nei vaccini), nel siero di due differenti gruppi di controllo: madri naturalmente immuni della Nigeria e in bambini di 12 anni vaccinati dal Lussemburgo. Lo scopo era quello di verificare la capacità di questi soggetti di neutralizzare il virus del morbillo in vitro e il risultato fu che il siero dei bambini vaccinati aveva una capacità notevolmente inferiore di neutralizzare il ceppo virale del virus selvaggio (rispetto a quello vaccinico) in confronto a quello delle madri nigeriane naturalmente immuni.
Le conclusioni di questi scienziati furono che vi era una differenza qualitativa piuttosto che quantitativa tra il gruppo dei vaccinati e quello dei naturalmente immuni.
Le differenti capacità di neutralizzazione possono essere attribuite sia alla diversità antigenica del virus selvaggio e all’introduzione della vaccinazione in tutto il mondo con vaccini che hanno diffuso virus con una diversità antigenica molto limitata.
Sanders e altri [87], invece affermano che è quasi impossibile per i vaccini non garantire una copertura per tutti virus del morbillo in virtù della stabilità e delle caratteristiche della proteina H.
Ma Schrag [88] ha documentato anche un diverso punto di mutazione nel gene H che impediva all’anticorpo monoclonale di
legarsi alla proteina H. Sulla questione che tale punto di mutazione non possa rappresentare un problema, Schrag dichiara: “Nel contesto degli sforzi per eradicare il virus del morbillo, l’evidenza di un alto tasso di mutazione suggerisce che la possibilità per alcuni ceppi virali di bypassare l’effetto di neutralizzazione prodotto dal vaccino va seriamente presa in considerazione”.
legarsi alla proteina H. Sulla questione che tale punto di mutazione non possa rappresentare un problema, Schrag dichiara: “Nel contesto degli sforzi per eradicare il virus del morbillo, l’evidenza di un alto tasso di mutazione suggerisce che la possibilità per alcuni ceppi virali di bypassare l’effetto di neutralizzazione prodotto dal vaccino va seriamente presa in considerazione”.
È stato scritto quindi che la proteina H sarebbe la più probabile fonte di guai se la sua parte destra dovesse mutare, ma anche che se ciò dovesse accadere il fatto sarebbe clinicamente insignificante, almeno secondo le modalità con cui sono state condotte le sperimentazioni. Ma le mutazioni – e quindi le problematiche di inefficacia del vaccino – sono collegate esclusivamente alla stabilità della proteina antigenica H?
Kweder [89] ha dimostrato che le mutazioni non avvengono solo nelle proteine H, bensì nelle proteine H, F o M che sono in grado di facilitare la resistenza del virus del morbillo alla neutralizzare in campioni di siero umano. In questo studio si è riscontrato che la resistenza immunitaria è dovuta a particolari mutazioni che possono verificarsi in una qualsiasi di queste tre proteine che influenzano a distanza – piuttosto che direttamente – la conformazione nativa della testa globulare MV-H (MV, Measles Virus, virus del morbillo, N.d.r.) e quindi i suoi epitopi (l’epitopo è quella parte di antigene che lega l’anticorpo specifico, la singola molecola di antigene può contenere diversi epitopi riconosciuti da anticorpi differenti).
Kweder ha affermato che le proteine H, F e M agiscono di concerto in una cellula infettata e quindi le loro interazioni – essendo ostacolate – potrebbero consentire diverse mutazioni nella testa globulare MV-H ed avere un effetto sull’epitopi MV-H. E queste mutazioni – in nessuno dei tre geni delle proteine M, H e F – dovrebbero sfuggire alla neutralizzazione anti-MV nel siero.
Se gli individui vaccinati, normalmente protetti dagli anticorpi anti-MV, sono suscettibili a ceppi virali selvaggi del morbillo, questo solleva preoccupazioni non solo per le complicanze neurologiche del virus, ma anche per la sua eradicazione. Il ceppo virale selvaggio del morbillo può così accettare le mutazioni che non compromettono il riconoscimento del recettore ma permettono di sfuggire al sistema immunitario: questo fatto mette in evidenza l’importanza di mantenere il controllo di sempre nuovi ceppi emergenti del virus.
Altra letteratura sta emergendo, ponendo seri interrogativi sulla stabilità del virus del morbillo in popolazioni altamente vaccinate in cui avviene una significativa pressione immunitaria sul virus in circolazione, in virtù delle infezioni virali asintomatiche della stessa popolazione vaccinata.
Un documento pubblicato nel 2011 da Shi [90] proponeva proprio una indagine sulla variazione genetica nei ceppi virali selvaggi del virus del morbillo e affermava che sta diventando abbastanza significativo cominciare a pensare ad una “nuova età dell’oro dei vaccini” sviluppando i vaccini attuali e creandone di nuovi, al fine di aggirare il crescente problema della deriva antigenica tra le popolazioni altamente vaccinate.
La Cina ha un tasso di vaccinazione dei bambini tra il 98,5% e il 99% a seconda delle varie regioni. Nonostante questi tassi così alti l’incidenza del morbillo ha avuto una marcata recrudescenza: ricordiamo che dal 1990 in Cina è stato implementato un programma di vaccinazione di massa che prevede due dosi vaccinali.
Shi ha scoperto che i bambini vaccinati recentemente avevano una capacità quattro volte inferiore a neutralizzare i virus del morbillo selvaggio rispetto al virus del vaccino, e ha espresso la preoccupazione che i vaccini attuali non siano efficaci contro i ceppi circolanti del virus selvaggio. Inoltre ha documentato la deriva genetica significativa nei geni H e N tra vaccino e virus selvaggi, e ha suggerito che questa deriva è una delle ragioni per l’aumento del numero di casi di morbillo segnalati in Cina di recente.
E la cosa peggiore è che i neonati sono stati i più colpiti dall’infezione, seguiti dalla fascia di età da 1 a 2 anni: i neonati erano una volta protetti da madri che avevano acquisito immunità naturale verso il morbillo e la potevano trasferire al bambino nel periodo neonatale, mentre ora questo non avviene più. Inoltre, i bambini di 1-2 anni di età non sono nemmeno solidamente protetti dai vaccini che contengono virus diversi dai ceppi virali selvaggi che circolano, e stanno sviluppando il morbillo in una fascia di età in cui i problemi neurologici sono più frequenti. Ironia della sorte, questo è il motivo per cui ci viene detto che dobbiamo vaccinare e per proteggere questi bambini!
Shi continua nel suo lavoro affermando che, oggi i ceppi virali di morbillo (selvaggi) in circolazione corrispondono solo ad un 16-36% dei ceppi virali presenti nel vaccino, che comprendono il ceppo Edmonston. Questo lavoro rappresenta un punto di svolta nella valutazione dell’efficacia dei vaccini anti-morbillo. Così come tutti i vaccini e gli antibiotici, anche questo vaccino nel tempo perde la sua efficacia a causa della mutazione virale.
Le alterazioni genetiche nel genotipo MV H1 e le conseguenti modifiche antigeniche possono aver contribuito ad un aumento dell’incidenza di casi di morbillo osservati durante l’epidemia in una popolazione altamente vaccinata. Le evidenze emergenti indicano che nei ceppi virali selvaggi è in atto una variabilità genetica, e che i vaccini esistenti potrebbero non essere più in grado di proteggere efficacemente le popolazioni dalle varianti del morbillo” [91].
Per poter confermare questa tendenza anche gli altri paesi dovranno iniziare ad affrontare la situazione così come hanno fatto in Cina.
Senza fare questo, nessuno può essere sicuro che i virus mutanti non siano in circolazione. Qualcuno forse è in grado di stabilire l’esistenza di virus selvaggi che infettano persone vaccinate ma parzialmente immunizzate, che mutano nel loro organismo e poi vengono rilasciati nell’ambiente? L’unico modo per saperlo sarebbe quello di testare ogni persona per analizzare i cambiamenti del genotipo sulle proteine importanti. Questo viene fatto? No, certamente no. E che dire di tutti i fallimenti vaccinali secondari o dei casi “subclinici” di malattia nei soggetti vaccinati?
Il virus del morbillo può circolare nelle popolazioni vaccinate sieropositive e nelle persone naturalmente immuni, una volta che il livello di protezione immunitaria scende. Gli studi dimostrano che le infezioni si possono sia manifestare come fallimenti vaccinali secondari (casi clinici) oppure possono essere solo responder immunitari secondari e asintomatici.
Peter Aaby [92] ha riconosciuto che nei primi tempi del suo lavoro, in Africa, le infezioni da morbillo erano comuni nel vaccinati, e che in questi casi il morbillo si manifestava in una forma più mite rispetto al normale, e che questo era senza dubbio “un incoraggiamento per la vaccinazione“. Quindi, anche allora si sapeva bene che il vaccino non protegge contro tutti i ceppi virali circolanti: “‘le infezioni lievi da morbillo possono essere la migliore dimostrazione del valore della vaccinazione, piuttosto che affermazioni invisibili come la protezione permanente o l’immunità permanente …”
Queste persone, lievemente infette o asintomatiche, sono probabili candidati alla diffusione del virus senza saperlo, [93].
Le persone naturalmente immuni, anche nelle zone a bassa circolazione del virus, avevano probabilmente sempre avuto la capacità di trasmettere i virus, ma prima dell’introduzione dei vaccini, la maggior parte dei bambini erano protetti da madri naturalmente immuni: durante l’allattamento al seno e con il trasferimento placentare avevano un alto livello di protezione.
Oggi, non solo le persone naturalmente immuni possono essere dei vettori asintomatici, ma anche i soggetti vaccinati, in quanto l’immunità indotta dal vaccino è più debole e di più breve durata: dati i livelli attuali di copertura vaccinale allora, le persone vaccinate sono oggi i più probabili vettori della malattia. Diversi studi dimostrano che queste persone parzialmente immuni possono essere protette dalla malattia, ma non dalle infezioni [94].
Nell’epoca della vaccinazione abbiamo un problema aggiuntivo e cioè che titoli anticorpali sono più bassi e più probabilità di svanire nel tempo, rispetto ad una infezione naturale da morbillo [95]. Secondo Damien, la suscettibilità alla risposta immunitaria subclinica secondaria è dalle 5 alle 8 volte superiore dopo la vaccinazione che non dopo l’infezione naturale [96]. Quindi, se il morbillo continua a circolare tra le persone vaccinate, abbiamo creato un nuovo ambiente per il virus del morbillo selvaggio, un ambiente dove la mutazione del virus renderà il vaccino probabilmente sempre più inutile.
E’ ben noto che in qualsiasi tipo di infezione, se l’organismo ospitante è immuno-compromesso o comunque non in grado di eliminare rapidamente il virus, il patogeno ha un vantaggio adattivo e può vivere più a lungo, replicarsi e mutare, nel tentativo di eludere il sistema immunitario.
I soggetti vaccinati danno al patogeno il vantaggio della possibilità di mutazione. Questo è già stato stabilito nel caso del batterio della pertosse, dove i vaccinati hanno di fatto “coltivato” un nuovo ceppo mutante, perché la loro immunità polmonare è più debole dei soggetti immunizzati naturalmente.
Nel corso del tempo, emerge quindi un quadro diverso nella dinamica fra la popolazione e i patogeni infettivi, e spesso quello che si manifesta non è il quadro che i progettisti dei programmi di vaccinazione pensavano in origine. A causa delle preoccupazioni a riguardo della compromissione della salute pubblica nel caso che troppe persone smettano di vaccinarsi, “non è possibile avanzare nemmeno il minimo dubbio, più o meno fondato che sia, circa la sicurezza dei vaccini” [97]. Questa affermazione storica è oggi ancora più attuale, nel momento in cui nessuno esprime dubbi sull’efficacia dei vaccini, non solo riguardo la loro sicurezza.
In popolazioni completamente vaccinate la risposta immunitaria secondaria asintomatica è risultata essere del 66%” [98].
La dott.sa Diana Griffin ha stabilito che l’inoculazione di vaccini prodotti con virus vivi attenuati per il morbillo nei primati non ha prodotto sintomi clinici, così come non è stato possibile riscontrare viremia né il diffondersi per le vie respiratorie [99]. Come per i vaccini contro la pertosse, il vaccino contro il morbillo non dà origina ad una forte immunità locale nelle vie respiratorie, e quindi si può dedurre che i soggetti vaccinati non avranno lo stesso livello di resistenza in caso di ri-esposizione al virus e questo è esattamente ciò che è stato osservato in numerosi studi sulla pertosse. Ma questo non è stato ancora studiato in relazione al morbillo.
Perché questa cosa è così importante? Per la stessa ragione per cui gli antibiotici creano batteri mutanti, e lo fanno in modo molto più “efficace” in coloro che sono trattati più spesso, permettendo ai batteri sopravvissuti di avere il tempo sufficiente per ingannare l’antibiotico e cambiare la sua caratteristica. Questa è oramai un’evidenza scientifica disponibile, in particolare per quanto riguarda gli antibiotici e i vaccini antibatterici, ed è una realtà che si è manifestata in un periodo di tempo relativamente breve. Con i vaccini virali, a causa del carattere del patogeno e dell’interazione immunitaria, il lasso di tempo intercorso per le prime manifestazioni del fenomeno è stato molto più lungo, ma adesso è iniziato ed è evidente.
Il vaccino anti morbillo non conferisce una copertura immunitaria permanente
Un fattore chiave da considerare quindi è che il vaccino contro il morbillo non crea un’immunità permanente. I Vaccini conferiscono solo immunità artificiale temporanea e a volte non ci riescono nemmeno (soggetti non responder): questo è il motivo per cui i funzionari della sanità pubblica raccomandano dosi multiple di questo vaccino (come di altri) per aumentare l’immunità artificiale acquisita.
Così, anche se in precedenza il CDC informava che gli adulti nati prima del 1958 non dovevano vaccinarsi, ora afferma invece che “le persone che sono nate durante o dopo il 1957 che non hanno evidenza di immunità contro il morbillo dovrebbero vaccinarsi con almeno una dose di vaccino MPR” [17]. Questo cambio di rotta inizia a partire dall’epidemia di morbillo verificatesi a Disneyland nei primi mesi del 2015; alcuni medici di sanità pubblica stanno suggerendo a tutti gli adulti di sottoporsi ad un richiamo del vaccino MPR perché 1 adulto su 10 precedentemente vaccinato può essere suscettibile alla malattia a causa della perdita di immunità acquisita artificialmente [18].
Vi è abbondanza di prove che un numero crescente di bambini e adulti vaccinati per il morbillo negli Stati Uniti e in tutto il mondo contraggono continuamente il morbillo, anche dopo due dosi di vaccino MPR [19, 20, 21]
I bambini piccoli al di sotto dell’anno di età che in passato erano protetti dall’infezione grazie agli anticorpi ricevuti con l’allattamento materno, che avevano sperimentato l’infezione naturale da morbillo ed erano guariti durante l’infanzia, ora sono suscettibili all’infezione fin dalla nascita. Questo perché la maggior parte delle giovani madri oggi sono state vaccinate e gli anticorpi materni acquisiti attraverso la vaccinazione contro il morbillo sono molto meno protettivi degli anticorpi acquisiti attraverso l’infezione naturale [22, 23].
Non sappiamo ancora quale sarà la futura politica globale per quanto riguarda la vaccinazione contro il morbillo per le prossime generazioni ed in particolare per la popolazione anziana (che in genere dovrebbe aver acquisito una immunità naturale contro la malattia), per i bambini e per i giovani e adulti che, in quanto vaccinati contro il morbillo, hanno acquisito una immunità artificiale e che, soprattutto, sarebbero chiamati a “conferire immunità a tutta la comunità“.
Alcuni esperti hanno previsto che le epidemie di morbillo potranno diventare sempre più normali in futuro. Uno studio in particolare suggerisce che, anche con una buona risposta immunitaria alla vaccinazione, questa duri solo da 15 a 20 anni al massimo [24, 25]. In realtà, l’evidenza attuale è che l’immunità acquisita a fronte della vaccinazione contro il morbillo comincia a calare già dopo 10 anni [26].
Se questo è vero, allora potrebbe esserci una recrudescenza della malattia a fronte di un periodo di relativamente bassa incidenza della stessa, condizione che caratterizza il periodo attuale. Inoltre, sappiamo che in una percentuale che varia tra il 2% e il 10%, la vaccinazione non ha assolutamente alcun effetto nel produrre immunità [27].
Infine, consideriamo che l’epidemia di morbillo verificatasi a Disneyland, in California, è principalmente associata ad uno dei 22 genotipi di morbillo conosciuti a livello globale – il ceppo B3 – che ha causato anche recenti epidemie nelle Filippine [28]. Attualmente, i vaccini contro il morbillo utilizzati negli Stati Uniti – ma anche negli altri paesi – sono stati prodotti utilizzando un genotipo del morbillo di tipo “A”: teniamolo presente, anche se gli scienziati hanno dichiarato, “non ci sono differenze biologiche note tra virus di genotipi diversi” … (ma noi sappiamo bene che questo non è assolutamente vero almeno nel caso dell’influenza … N.d.r.) [29].
I virus contenuti nei vaccini contro il morbillo di oggi sono stati ulteriormente attenuati, ciononostante sussistono ancora problemi per il contagio da virus vaccinali, come dimostra la letteratura disponibile. E se ci sono questo tipo di contagi fra le persone vaccinate, questi continuano a non essere considerati “casi di morbillo”. Lo dimostra la cronaca recente: sempre in California (2015), venne in un primo momento diagnosticato il morbillo ad una bambina [53], ma quando tornata in Alaska vennero ripetuti i test e si scoprì che si trattava di una infezione di morbillo da vaccino il suo caso è stato ritirato dal conteggio dei casi. La stessa situazione si è verificata con un altro bambino canadese [54]. Il numero dei casi di morbillo “ritirati” in tutto il mondo è stupefacente, e questi sono tipicamente i casi in cui a fronte della diagnosi “clinica” del morbillo – fatta in genere negli ospedali – le comunità infantili in cui erano inseriti vengono sistematicamente “sterilizzate” con vaccinazioni di massa di tutti gli altri bambini e del personale che è a contatto con loro. Poi, dopo alcune settimane, si viene a scoprire che i casi diagnosticati erano da attribuire al vaccino MPR e quindi non compariranno nemmeno nelle statistiche.
Le vaccinazione di massa quindi sono in grado di fermare i focolai di malattia endemica, eliminando la trasmissione del virus selvaggio e la circolazione all’interno della comunità, ma non inducono un’immunità permanente nei vaccinati. E’ noto infatti che il vaccino del morbillo comporta una infezione subclinica ed è per questo motivo che la trasmissione del morbillo selvaggio si interrompe.
Questo è il motivo per cui abbiamo bassi livelli di morbillo selvaggio oggi. Lo stesso discorso vale per il vaccino poliovirus orale. Il vaccino non conferisce quindi immunità permanente, non “migliora” la salute, e comunque rappresenta di per sé un certo rischio. Piuttosto ci sono benefici per la salute dalla guarigione della malattia infettiva contratta per via naturale e questo è evidente, anche nelle fasce più povere dell’Africa [55].
Sappiamo inoltre che il virus del morbillo è efficacemente utilizzato in dosi elevate nel tentativo di trattare alcuni tipi di cancro: il trattamento del cancro deve utilizzare dosi di virus del morbillo estremamente alte per ottenere l’effetto desiderato. Nel mondo sviluppato oggi, dove una buona alimentazione è possibile, dove la vitamina A è facilmente accessibile un po’ dovunque, dove conosciamo l’importanza di mantenere un sistema immunitario sano, non vi è alcun motivo per temere, come conseguenza di un’infezione naturale da morbillo, qualsiasi tipo di encefalite o di diventare cieco.
Il nostro corpo ha due diverse modalità principali di far agire il sistema immunitario
Ci sono due sistemi che ci aiutano in caso di malattia: uno è un sistema innato che è sempre pronto a funzionare e l’altro è, per così dire, la parte più adattabile. Questa parte “adattabile” è costituita dalle risposte immunitarie Th1 e Th2. La risposta Th1 è conosciuta come il braccio cellulo-mediato, mentre la risposta Th2 è nota come il braccio umorale o anticorpale. La maggior parte dei vaccini stimolano preferenzialmente la risposta Th2 (o umorale) del sistema immunitario.
Quando si tratta di vaccini contro il morbillo, è noto ad esempio che i bambini allattati al seno sviluppano maggiormente una risposta immunitaria di tipo Th1, mentre quelli allattati artificialmente tendono a sviluppare una risposta di tipo Th2 [30] che è in realtà meno desiderabile.
La misura degli anticorpi riflette solo una certa forma di immunità ma non rappresenta una correlazione perfetta, come ci indicano coloro che guariscono e restano immuni al morbillo senza produrre anticorpi. Il beneficio di misurare solo la risposta umorale per determinare l’efficacia del vaccino è che l’informazione si può ottenere facilmente con un esame del sangue. Se si riscontrano gli anticorpi specifici indotti dal vaccino, si presume che la persona in questione possa essere immune e protetta contro quell’infezione.
Se l’ipotesi è che l’immunizzazione della “comunità” si ottiene attraverso la vaccinazione allora risulta semplice verificarlo attraverso la prova che ognuno abbia, sostanzialmente, acquisito un elevato livello di anticorpi.
La prova dell’importanza e dell’efficacia del sistema immunitario innato e della risposta immunitaria di tipo Th1 viene dagli individui che geneticamente non sono in grado di produrre anticorpi. Questa condizione è nota come a-gamma-globulinemia. Quando individui con questa condizione genetiche sono stati esposti al morbillo sono guariti altrettanto bene come coloro che erano in grado di produrre normali anticorpi [31] e potevano contare anche su una protezione futura verso l’infezione.
Questa scoperta “sconcertante” è stata fatta già nel 1960, quando i programmi di vaccinazione contro il morbillo erano appena agli inizi e dimostra che la produzione di anticorpi, non è un elemento necessario per la guarigione dall’infezione naturale dal morbillo.
Una ricerca pubblicata recentemente indica che l’immunità mediata da anticorpi non è necessaria per neutralizzare virus come quelli della stomatite vescicolare (VSV), [32] e mette in discussione la motivazione principale per l’utilizzo sistematico dei vaccini per indurre l’aumento dei titoli anticorpali e produrre immunità contro tutte le malattie infettive.
L’immunità umorale può giocare solo un ruolo secondario nell’affrontare naturalmente malattie come il morbillo e altre malattie “prevenibili con la vaccinazione“. La ragione per cui più persone guariscono completamente e risultano protette dopo infezioni acute sembra essere il fatto che queste hanno una immunità innata, che non richiede una qualche memoria della malattia o una precedente esposizione alla stessa, senza il coinvolgimento di anticorpi specifici preformati. L’altro motivo per cui non vengono re-infettati è dovuto all’acquisizione di immunità cellulo-mediata dal contagio.
L’immunità innata comporta l’attivazione dei globuli bianchi del sangue, inclusi i macrofagi, le cellule Natural killer – o cellule NK o Linfociti NK – e linfociti T antigene-specifici, nonché il rilascio di varie citochine (proteine del sistema immunitario) in risposta alla sfida di microbi patogeni. Questo tipo di risposta immunitaria innata si attiva nella maggior parte delle persone con il funzionamento del sistema immunitario, a prescindere della vaccinazione, e dipende in larga misura dalla presenza di nutrienti essenziali. Quando l’immunità cellulare è compromessa – per esempio quando sia in atto una leucemia – allora un’infezione da morbillo può essere letale.
Se prima dell’infezione fosse necessario lo sviluppo di anticorpi IgG per recuperare dalla malattia o per sopravvivere ad essa, nessuno sarebbe mai guarito da qualsiasi cosa per la quale non avesse una immunità precostituita o una memoria immunitaria protettiva incrociata, chiamata anche immunità eterologa
Da un articolo del dott. Casadevall leggiamo: “Un’osservazione paradossale che coinvolge la “AMI” [l’immunità mediata da anticorpi] è che le IgG specifiche spesso si formano dopo che l’organismo ha recuperato dalla malattia [Inizialmente e precocemente si formano IgM, gli anticorpi precoci, meno efficaci delle IgG che arrivano un po’ dopo, N.d.r.] In effetti, un aumento del titolo IgG nel siero è un metodo consolidato per diagnosticare molte malattie infettive. Questa osservazione solleva la questione del perché le IgG si formano dopo il recupero della maggior parte delle malattie infettive. Richiamarsi alla necessità di prevenire le recidive è una risposta che non può soddisfare più di tanto se la risposta cellulare innata iniziale si è dimostrata adeguata per vincere il primo attacco della malattia” [100].
La formazione degli anticorpi IgG del morbillo, mentre sono parte della naturale risposta immunitaria, sono l’ultima cosa che avviene nella fase di recupero dalla malattia. Questi aspetti del sistema immunitario non sono normalmente valutati nella discussione sull’efficacia delle vaccinazioni perché il focus rimane sempre sul mito che i vaccini forniscono l’unico mezzo affidabile e sicuro per “diventare immuni” verso le malattie.
È un bene che la sopravvivenza dalle infezioni o lesioni in genere non dipenda dagli anticorpi, altrimenti molti pazienti nefropatici sarebbe in gravi difficoltà a causa del fatto che non riescono a sviluppare anticorpi in modo sufficiente dopo la vaccinazione. Si tratta di immunologia di base [107], che qualsiasi genitore di buon senso può capire.
La vaccinazione anti morbillo può essere considerata un’opzione razionale?
Perché dovremo vaccinare tutte le persone sane che vivono nei paesi sviluppati, che possono avere accesso a una buona e sana alimentazione, a livelli adeguati di igiene e assistenza sanitaria e che non sono normalmente soggetti a complicazioni da morbillo, ai rischi noti e meno noti dei vaccini MPR, ottenendo così una quadro generale peggiore rispetto all’epoca pre-vaccino?
Quale sarà il risultato di una continua rivaccinazione con dosi di richiamo di vaccino anti-morbillo? E cosa succederà se la riprogrammazione del nostro sistema immunitario indotta dal vaccino in realtà riducesse la nostra capacità di rispondere efficacemente alle sfide poste nel mondo reale da altri patogeni infettivi?
I sostenitori delle vaccinazioni hanno a lungo invocato alti titoli anticorpali come misura dell’efficacia di un vaccino, ma si sono mai chiesti cosa potrebbe accadere se continuiamo a sollecitare artificialmente il sistema immunitario a produrre anticorpi indotti dal vaccino?
Potremo in qualche modo rendere milioni di persone più vulnerabili alle malattie infettive, così come più inclini a sviluppare malattie autoimmuni? La migliore analogia che ci può venire in mente è quella di “prendere a calci un alveare”. Anche se si può liberare una serie di api arrabbiate (gli anticorpi) che attaccano qualsiasi cosa hanno a portata di mano, non si può con ciò sostenere che abbiamo “migliorato la salute dell’alveare“.
Il semplice aumento del numero di api arrabbiate (misurata come elevati titoli anticorpali) senza la dimostrazione che stiano attaccando un minaccia reale, non significa nulla. Infatti, le api possono finire per attaccare anche l’ape regina (l’ospite), ridurre la tolleranza immunologica e indurre autoimmunità cronica.
Pur osservando un declino delle complicanze del morbillo (encefaliti, polmoniti, cecità in particolare) con il declino della malattia stessa, ci si accorge che, in generale, l’incidenza nel lungo periodo delle encefaliti (qualsiasi sia la causa) nei paesi che hanno implementato programmi intensivi di vaccinazione non è affatto diminuita. “Lo spettro di encefalite nei bambini quindi potrebbe essere cambiato grazie ai di programmi di vaccinazione, ma l’incidenza, tuttavia, sembra essere circa la stessa, probabilmente a causa di un aumento della frequenza attribuibile ad altri patogeni” [56].
Ci si chiede poi se mai qualcuno che sostiene i meriti della vaccinazione anti morbillo ha mai indagato per “comprendere come il morbillo provoca la cecità”. Questa è una patologia che si può curare ed è nota come “xeroftalmia”, una patologia che porta ad una ulcerazione corneale acuta nei bambini malnutriti e che hanno una carenza ad ampio spettro di macro e micronutrienti, in particolare di vitamina A. la xeroftalmia è la più comune causa di cecità infantile nel nord della Nigeria e di solito si sviluppa dopo l’infezione da morbillo [57]. Ma questa condizione si può recuperare completamente con un trattamento a base di vitamina A [58]. L’autore di questo articolo afferma infatti che “I bambini ben nutriti, tuttavia, solo raramente soffrono delle complicanze del morbillo e non riportano lesioni corneali severe … il quadro clinico del morbillo nei pazienti malnutriti è tipico e del tutto simile a quello dei bambini malati che soffrono di grave carenza di vitamina A e che sviluppano la xeroftalmia“.
Questo è il motivo per cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) propone continue campagne di vitamina A nei paesi del terzo mondo.
Ironia della sorte, due studi condotti negli Stati Uniti [59], e uno in Nuova Zelanda [60] mostrano che i bambini ricoverati in ospedale con il morbillo sono solitamente carenti di vitamina A. Lo studio neozelandese ha anche individuato altre carenze di macro e micronutrienti, oltre, mostrando che le scarse conoscenze nutrizionali da parte dei genitori ha un impatto negativo sulla salute dei loro figli.
Il fatto è che il morbillo era sostanzialmente una malattia molto lieve nella popolazioni ben nutrite anche dove morbillo era una malattia endemica. I genitori e medici che avevano a che fare con il morbillo nel 1950 lo conoscevano infatti come una malattia lieve che si manifestava prima dei 15 anni, e non qualcosa di simile alla peste nera o all’ebola, come i media e i drammaturghi pro-vaccino di oggi e vorrebbero farci credere.
Il dott. Alexander Langmuir, il padre dell’epidemiologia moderna, è stato un forte sostenitore dello sviluppo del vaccino, pur consapevole che il morbillo era una “infezione autolimitante di breve durata, di gravità moderata, con una bassa mortalità e che ha mantenuto un notevole equilibrio biologico stabile nel corso dei secoli” [61]. Egli affermava anche che: “A chi mi chiede – Perchè si vuole debellare il morbillo? – io rispondo con la stessa risposta che [Sir Edmund] Hilary ha utilizzato quando gli chiesero perché voleva scalare l’Everest … disse – perché è lì, si può aggiungere, e si può fare” [62]. Non ha mai detto: “Perché è la causa di migliaia di cecità ed encefaliti, centinaia di decessi, ed è una piaga peggiore della peste nera”.
Il CDC riporta anche [63] che prima dell’introduzione del vaccino solo il 12.5% di tutti i casi riscontrati sierologicamente positivi venivano segnalati.
In tutte le epidemie di morbillo, c’è sempre stata una percentuale di soggetti vaccinati. Perchè? Perché può accadere che la prima dose di vaccino non sia efficace, come pure la seconda, oppure che, anche se in misura ridotta, il virus vaccinale si diffonda.
L’intenzione originale (dichiarata) nella diffusione del vaccino contro il morbillo era di eradicare questa malattia infettiva già entro il 1967 [64] con un programma vaccinale basato sulla somministrazione di una dose unica in una certa porzione della popolazione infantile.
Cosa ha generato il calo dei casi di morbillo dal 1963 ad oggi?
C’è stato un calo apparentemente ripido nell’incidenza del morbillo dal 1963 in poi. Ma dobbiamo attribuire questa forte tendenza al ribasso alla diffusione dei vaccini contro il morbillo? Nel 1968, un’indagine sullo stato di immunizzazione degli Stati Uniti ha mostrato che solo il 50-60% dei bambini tra uno e nove anni erano stati vaccinati [33] per il morbillo. Molti di questi bambini vaccinati continuavano ad essere ancora contagiati da questa malattia infantile.
Durante queste epidemie, anche coloro che avevano ricevuto tre dosi di vaccino contro il morbillo si ammalavano: oltre il 50% dei casi di morbillo era ascrivibili ai bambini completamente vaccinati [34]. Ecco alcuni contributi che probabilmente hanno contribuito al declino dei casi segnalati di morbillo:
Primo. Come sempre accade dopo una campagna di vaccinazione, i criteri per la diagnosi della malattia vengono ristretti. I vaccinati che hanno manifestato i sintomi del morbillo non sono stati inseriti nel riscontro dei casi di morbillo selvaggio, anche se avrebbero potuto essere stati infettati ugualmente [35, 36]. Semplicemente a coloro che, vaccinati, hanno avuto RASH e febbre alta, non è stato diagnosticato il morbillo. Quindi, a causa della nuova classificazione, il morbillo sembrava diminuire fra i vaccinati. Fino al 54% dei soggetti vaccinati sviluppavano eruzioni cutanee dopo la vaccinazione, in parte dovuto al fatto che venivano somministrate le immunoglobuline unitamente al vaccino. Ancora oggi, per ammissione del CDC, il 5-10% [37] dei vaccinati sviluppano RASH e febbre, [38] che sono indici di infezione dal ceppo virale del morbillo presente nel vaccino [39, 40, 41]. Poiché le eruzioni cutanee (RASH) conseguenti al vaccino MPR sono spesso mancati nelle segnalazioni dei medici e dei genitori perché attribuite ad “altro” [42] il valore del 5-10% potrebbe essere sottostimato.
Ma se anche fosse vero che il 5-10% delle vaccinazioni contro il morbillo provocassero febbre e RASH, allora ci potrebbero essere in realtà circa dai 650.000 a 1.300.000 casi (mancanti) di sintomi associati al ceppo virale del morbillo contenuto nel vaccino negli Stati Uniti ogni anno, date le 13-14 milioni di dosi annue di vaccino somministrato nei bambini al di sotto di un anno (dato basato sul numero di nati vivi per anno negli USA, circa 14 milioni).
Secondo. L’utilizzo di gamma globuline nel trattamento delle infezioni da morbillo ha avuto inizio nel 1940: somministrate in concomitanza con i vaccini ottenuti da virus vivi e uccisi, aiutavano a contenere le reazioni avverse. Le gammaglobuline erano e sono anche prescritte come profilassi per gli esposti al rischio di contrarre il morbillo, compresi coloro che possono essere a contatto dei soggetti appena vaccinati con virus vivi.
Il Morbillo si può prevenire o modificare se si è esposti all’infezione in una sorta di immunizzazione passiva con l’uso di siero-gammaglobuline.
L’uso della gammaglobuline nei primi anni del programma vaccinale contro il morbillo potrebbe, pertanto, aver contribuito a ridurre la gravità della manifestazione acuta della malattia, sia che fosse usato come rimedio singolo che in associazione al vaccino. Invece questo risultato è stato attribuito semplicemente al vaccino.
Le infezioni da morbillo in assenza di RASH cutaneo avrebbero inoltre portato ad un minor numero di notifiche della malattia, ma non perché il morbillo non fosse in circolazione, provocando infezioni occulte o non evidenti. Così, se da un lato i primi vaccini provocavano casi di morbillo collegati al ceppo virale del vaccino – causando una infezione diversa, non associata al virus selvaggio – dall’altro le gammaglobuline, somministrate al fine di prevenire gli effetti collaterali dei vaccini, avrebbero interferito con il normale processo cellulo-mediato del virus.
Terzo. Prima dell’introduzione del vaccino, nel 1963, l’incidenza del morbillo era già scesa, anche se lentamente: quindi questa tendenza sarebbe continuata comunque? Non dimentichiamo che le manifestazioni subcliniche del morbillo caratterizzano circa il 30% dei casi. La mortalità collegata alla malattia era praticamente già crollata prima dell’introduzione del vaccino: sarebbe potuto accadere che, in assenza delle campagne di vaccinazione, la malattia – anche lentamente – potesse scomparire? La promozione dell’allattamento materno e una sana e corretta nutrizione possono contribuire alla manifestazione di un minor numero di casi?
Vaccinazione anti-morbillo: un esperimento fallito?
Il latte materno non è solo un nutriente, e le sue proprietà immuno-protettive coinvolgono qualcosa di più che semplici anticorpi. Il colostro contiene linfociti T vitali che conferiscono l’immunità per il neonato. Il fatto che le persone siano state vaccinate acquisendo una immunità temporanea “minore” rispetto alla più duratura immunità acquisita naturalmente (attraverso l’infezione naturale) ha portato nel tempo a richiedere la ri-vaccinazione delle donne prima della gravidanza. Ma questo tipo di immunità artificiale acquisita dal vaccino non viene trasferita al neonato come l’immunità acquisita naturalmente.
Nessuno ha spiegato ancora chiaramente chi è veramente immune ai patogeni. Anche persone senza anticorpi specifici possono essere completamente protetti dalla malattia clinica per azione della loro immunità cellulare. Pertanto l’anticorpo è un mero surrogato che ha un ruolo discutibile.
Quando il dott. Silfverdale (rif. Dissolving Illusions … pag. 389) valutò migliaia di bambini allattati al seno e non, vaccinati e non vaccinati, relativamente ai rischi collegati al morbillo, quelli allattati al seno mostravano un profilo di rischio molto minore rispetto agli altri. Ora, le evidenze disponibili ci dicono che le donne vaccinate contro il morbillo negli anni ‘70 hanno partorito bambini che non sono più così ben protetti come lo erano a quel tempo, quando il morbillo circolava ampiamente e colpiva quasi tutti i bambini e ragazzi fino all’età di 15 anni [43].
Oggi l’unica soluzione al problema della perdita progressiva dell’immunità artificiale acquisita con il vaccino è di mettere in piedi un piano sistematico di ri-vaccinazione delle donne-madri in età fertile. Ma questo è pur sempre un rischio maggiore rispetto a quello di permettere al morbillo di circolare ed essere trattato normalmente dalle cellule T in popolazioni che siano ben nutrite. E questo perché i morti e le complicanze associate al morbillo nei neonati a causa della perdita precoce dell’immunità passiva da parte delle madri vaccinate – dimostrata in recenti studi – dovrebbe suscitare grande preoccupazione.
Oggi, a causa della vaccinazione anti-morbillo, i bambini piccoli sono sempre più esposti all’infezione. Gli scienziati sono alla ricerca di modi per vaccinarli sempre prima, al fine di bypassare l’immunità trasmessa sia a livello placentare che con latte materno e sostituirla con immunità artificiale indotta dal vaccino. Come mai lo fanno, se l’immunità trasferita a livello placentare o con l’allattamento dovrebbe protegge il bambino dal morbillo come da altre infezioni da patogeni?
Questo non è altro che l’ennesimo esempio di come i vaccini abbiano creato una situazione che richiede sempre più vaccinazioni e quindi, continue manipolazione del sistema immunitario. Questo è sicuramente vantaggioso per le finanze dei produttori di vaccini, ma scientificamente e immunologicamente rappresenta una vera e propria aberrazione.
Oggi i focolai di morbillo negli Stati Uniti [e non solo, N.d.r.] sono attribuiti ai “non vaccinati”, nonostante il fatto che la metà dei casi scoppiati a Disneyland (ad esempio) riguardassero soggetti il cui stato vaccinale era “sconosciuto” e che ben il 18% sono fossero stati completamente vaccinati [65]. Con il diminuire dei soggetti immunizzati naturalmente assisteremo all’aumentare di questo “18%” per le future epidemie, e questo è stato previsto da più di un articolo scientifico: da tutto ciò dovrebbe essere chiaro il fallimento dell’obiettivo originale dichiarato della vaccinazione contro il morbillo. In pochi anni questo diventerà ancora più dolorosamente evidente, perché verranno introdotti sempre più richiami vaccinali, anche attraverso provvedimenti coercitivi contro la libertà di scelta.
Nessun test sierologico sembra essere necessario se la sintomatologia è collegata ad un caso di morbillo selvaggio: normalmente, in mancanza di una sorveglianza intensiva, se al soggetto viene diagnosticato il morbillo ed è stato vaccinato nei 18 giorni precedenti, i test genetici possono distinguere le infezioni del ceppo vaccinale e se si tratta di morbillo causato dal ceppo appartenente al vaccino, il caso non è considerato morbillo. Non è forse una bizzarria? L’esistenza di infezione da morbillo in bambini che sono infettati dal virus vaccinale DEVE essere considerato come morbillo, anche perché sappiamo che le infezioni da virus vaccinico si possono verificare anche oltre i 18 giorni successivi alla vaccinazione [66]. Negli Stati Uniti, nel 2015, sono stati diagnosticati su base clinica due casi di morbillo da virus del ceppo contenuto nel vaccino. È scientifico non registrare questi casi? Uno di questi casi, peraltro, riguarda la trasmissione del virus avvenuta in un asilo nido da parte di un bambino vaccinato [67].
Per quanto riguarda le polemiche e le speculazioni mediatiche che si sono susseguite in questi anni sulla vicenda del dott. Andrew Wakefield (e sono continuamente utilizzate per screditale coloro che associano il vaccino MPR all’Autismo) occorre attenersi ai fatti.
Oggi per esempio abbiamo le dichiarazioni del dott. Walker (che collaborò alle ricerche di Wakefield nello studio originale ritirato da The Lancet) – completamente riabilitato dopo la frettolosa e ignobile radiazione subita dall’Ordine dei Medici Britannico – che ha trovato chiaramente il ceppo del vaccino vaccinale nelle lesioni intestinali dei bambini autistici. Il dottor Walker ha dichiarato precisamente:
Volevo sapere se i frammenti del MV [virus del morbillo] trovati nel tessuto intestinale erano di origine vaccinale e ho preparato un primer (in sostanza un innesco, un filamento di acido nucleico che serve come punto di innesco per la replicazione del DNA) per una PCR (Polymerase chain reaction, una metodica di biologia molecolare che permette l’amplificazione di frammenti di DNA) progettato per distinguere il virus del morbillo selvaggio da quello del vaccino. I nostri risultati preliminari, presentati all’IMFAR di Montreal nel 2006, sono stati di grande aiuto per questa tesi … Non ho potuto proseguire con questo studio per un bel po’ di tempo, anche se ora ho diversi campioni disponibili. I finanziamenti per completare il lavoro erano e sono tuttora un problema. L’altro aspetto critico è la pubblicità.
“Fine della storia?” Tutt’altro. Questo è l’ennesimo caso di “Historia Interruptus”, per mancanza di fondi o di finanziamenti, come è successo anche nel caso del dott. VK Singh.
Se non avete mai sentito parlare del dottor VK Singh, i suoi studi pubblicati [28] hanno dimostrato che i bambini autistici avevano un dosaggio di anticorpi anti-MV elevatissimo, anticorpi contro determinate sostanze contenute nel cervello quali il nucleo caudato (parte del corpo striato), anticorpi anti-cervelletto e anticorpi marcatamente elevati anti-proteina basica della mielina. Il dott. Singh ha fatto un appello al Congresso nel 2000 per ottenere un finanziamento per la sua ricerca, in modo da poter aiutare i tanti bambini autistici che hanno avuto questi sintomi cerebrali come risultato di una eccessiva reattività verso il vaccino MPR. Il risultato del suo appello è stato il prosciugamento dei suoi fondi. Queste le dichiarazioni del dott. Singh:
Questa è stata probabilmente la prima prova di laboratorio per collegare virus del morbillo e/o il vaccino MPR a patologie autoimmuni nei bambini affetti da autismo. Complessivamente, queste osservazioni mi hanno portato ad ipotizzare che l’autismo possa essere causato anche dal virus del morbillo o da una risposta autoimmune indotta dal vaccino MPR. Purtroppo, a causa della mancanza di fondi, non sono stato in grado di estendere questa ricerca [68].
Quelli che seguirono furono studi fatalmente viziati dalla volontà da parte del CDC e di parte del mondo scientifico di smentire qualsiasi collegamento tra l’autismo, i danni cerebrali, e il vaccino MPR. Uno dei principali ricercatori che si sono impegnati in questo senso – specialmente nel demolire la correlazione fra il thimerosal e l’autismo – ha avuto recentemente un rigurgito di coscienza e ha messo in luce una immorale e fraudolenta manipolazione dei dati che ha portato alla pubblicazione del CDC del 2004. Resta da vedere quale sarà il prossimo passo del dottor Thompson.
Dopo la confessione di Thompson sull’insabbiamento dei dati che riguardavano l’aumento del rischio di autismo nei bambini neri del 236%, Paul Offit, il noto miliardario pro-vaccino, ha descritto il dott. Thomson come affetto da “problemi psicologici” [69].
Questo è abbastanza tipico. Qualsiasi scienziato che osa discutere l’ortodossia scientifica e che mette in discussione affermazioni come “i vaccini sono sicuri, efficaci e necessari, come dimostra la scienza …” è bollato come ciarlatano, una fraudolento, psicologicamente instabile, omeopata o finanziato dai movimenti anti-vaccino.
A quanto pare per essere credibile, è necessario citare solo studi approvati e selezionati per uno scopo ben preciso, magari finanziati dai produttore di vaccini, o condotti da cattedratici universitari finanziati dalle case farmaceutiche.
E’ un dato di fatto acquisito che il vaccino contro il morbillo può essere invalidante o mortale. A nessun genitore può essere garantito un vaccino privo di rischi. Nessuno studio di sicurezza controllato con placebo è stato mai fatto sugli esseri umani per il vaccino MPR, e specialmente per ricercare esiti neurologici e autoimmuni a breve e lungo termine.
Le prime schede di reazione avversa da vaccino contro il morbillo MPR – riportate nei fascicoli medico legali per il risarcimento dei danni – elencano patologie ematologiche, neurologiche e malattie autoimmuni. Le autorità sanitarie degli Stati Uniti e i legislatori hanno concordato sui rischi connessi con il vaccino. Nel giro di due anni, ci sono state così tante richieste di per compensare le vittime da MPR che le autorità hanno dovuto – presumibilmente – ridurre radicalmente il numero degli indennizzi negli anni successivi. Il dott. JA Morris, uno scienziato che si occupava di sicurezza dei vaccini presso la FDA, affermò in quei giorni che questa non era una decisione medica, ma una questione finanziaria [70].
Perché non sentiamo parlare di tutto questo più spesso? In primo luogo perché la tecnologia per distinguere tra loro i ceppi virali del morbillo (ad es. da virus selvaggio e da vaccino) non era comunemente disponibile fino a poco tempo fa, come hanno ben documentato recentemente Kaic [71] e Murti [72].
Ci viene detto che dobbiamo proteggere i malati di cancro, facendo in modo che tutti intorno a loro siano vaccinati. Ma quanto è contagioso il ceppo del virus contenuto nel virus per il morbillo per i malati di cancro? Non sappiamo perché nessuno ha mai indagato in questa direzione. Ma, se siete un paziente affetto dal cancro, sottoposto a terapia medica, a voi e la vostra famiglia verrà consegnato un documento che in cui vi si informa che a nessuno della vostra famiglia o dei vostri amici dovrebbe essere permesso di avvicinarsi a voi se sono stati vaccinati con QUALSIASI vaccino virale a virus vivi, come la varicella, il morbillo , la rosolia, l’influenza, l’antipolio orale, il rotavirus o vaccini contro il vaiolo [73].
L’argomento “vaccinazioni” viene poi utilizzato a sproposito nel caso di persone affette da cancro o con immunodeficienza o sistemi immunitari soppressi chimicamente a seguito di particolari terapie, sulla base del principio che questi soggetti hanno il diritto di andare dove vogliono senza alcuna restrizione. Apparentemente non c’è preoccupazione per la miriade di altre infezioni ugualmente pericolose che potrebbero abbattersi su di loro ma per le quali non esistono vaccini.
Per quanto si possa dimostrare che il vaccino contro il morbillo può causare danni (basta consultare il database VAERS per verificare) tutto sembra non avere un peso di fronte a queste “notizie”.
Citiamo fra i tanto lo studio di Weibel che osservò 48 casi che soddisfano i criteri di inclusione e che è stato presentato alla comunità scientifica fra il 1970 e il 1993. Qui sono descritti i criteri di inclusione nello studio:
I bambini con sviluppo adeguato che hanno acquisito una encefalopatia acuta di causa indeterminata entro 15 giorni dalla somministrazione della prima dose di vaccino del morbillo, MR, MPR, parotite, o della rosolia tra aprile 1970 e il marzo 1993, con seguito di encefalopatia cronica o morte, sono stati selezionati per ulteriori analisi. Sono stati esclusi i casi di encefalopatia registrati a fronte di una diversa causa infettiva, tossica, traumatica, o metabolica o di una recente esposizione all’infezione naturale da morbillo, parotite, rosolia ovvero nei casi in cui si è verificato il pieno recupero entro 6 mesi
Molti di questi casi sono stati raccolti dai rapporti CDC o nella documentazione legale. A coloro che indicano questi casi come “estremamente rari” si può far notare che, innanzitutto, tra il 1970 e il 1988 non c’era alcun sistema di comunicazione in atto: i rapporti sui danni erano di tipo “passivo”, infatti non tutti i casi che si sono verificati prima del Vaccine Injury Compensation Program (VICP) del 1988 sono stati segnalati attraverso la politica retroattiva di 8 anni. Dal 1970 al 1980 non c’era nessun incoraggiamento per la segnalazione die casi e anche oggi, d’altronde, nell’epoca della maggiore consapevolezza del danno da vaccino e dell’esistenza del VAERS, molti genitori e medici non fanno mai il collegamento tra la malattia neurologica grave e i vaccini.
Da quando fu istituito il VAERS venne fissata una finestra temporale per la segnalazione dei casi di encefalopatia da vaccino MPR che si verificavano entro 15 giorni e che persistevano per più di 6 mesi. Chiunque poteva rientrare in questi criteri e poteva documentarli aveva la possibilità di avviare le pratiche per ottenere un risarcimento. In realtà, l’encefalopatia non si verifica necessariamente entro questi limiti tabellari. Cosa accade, per esempio, se l’encefalopatia si verifica il giorno 16, e/o si risolve in cinque mesi o 3 settimane? Chi paga le spese mediche se il recupero è avvenuto prima dei sei mesi? Questa tabella è applicabile solo ad una minoranza dei casi più gravi di encefalopatia post-vaccinica, purché conformi a un lasso di tempo legale, che è molto più breve di quanto – ad esempio – viene specificato nella scheda tecnica MMRII di Merck encefalopatia dopo il vaccino.
Lo studio di Weibel, quindi, può essere utilizzato solo come un esempio, ed i suoi risultati, alla luce di quanto detto, possono risultare in una enorme sottovalutazione dei casi concreti, a causa della mancanza di sistemi di segnalazione, della diffusione e della conoscenza di tali sistemi, e dalle restrizioni imposte dal sistema di compensazione.
L’encefalite non è l’unico serio potenziale esito negativo del vaccino MPR. La porpora trombocitopenica autoimmune (ITP) può essere un esito altrettanto grave. La maggior parte dei rapporti medici dichiarano che è un’entità benigna, ma il trattamento può variare dalla semplice osservazione alla somministrazione di steroidi e a trattamenti IVIG al IV RhIG. Il rischio riportato varia da 1:24.000 [74], a 1:30.000 [75], fino ad 1:40.000 [76] vaccinati [77].
Esistono altri potenziali eventi avversi come sordità, convulsioni a lungo termine, coma, stati di incoscienza e danni permanenti al cervello. Con quale frequenza? Nessuno può dirlo con certezza. Qual è il rischio per ognuno di questi eventi avversi? E ‘difficile dire quanto i dati disponibili siano inadeguati. Secondo uno studio recente di Cochrane Collaboration, “Il design e la comunicazione dei risultati di sicurezza negli studi sul vaccino MPR, sia pre che post-marketing, sono in gran parte inadeguati” [78].
Un caso emblematico è quello della Finlandia: nella suo lavoro [79], Koskiniemi ci indica che i casi totali di encefalite sono diminuiti dopo le campagne di vaccinazione iniziate nel 1982, come si vede in questa tabella che prende in esame gli anni 1968 – 1987.
Ma il dott. Koskiniemi ha notato che mentre i casi totali sono diminuiti, la gravità dei casi invece era effettivamente aumentata. “L’effetto della vaccinazione MPR nell’eradicazione della malattia e del numero dei casi di encefalite, confermata nella zona di Helsinki, è gratificante. Purtroppo, la diminuzione del numero di encefaliti non è stata accompagnata da una diminuzione della percentuale di casi gravi. Infatti, sebbene il numero di tutti i casi per anno sia diminuito considerevolmente, il numero di casi gravi è rimasto lo stesso, nonostante la parentesi del periodo 1973-1977 caratterizzato da un tasso doppio. Così, in proporzione, il numero dei casi gravi è aumentato” [80].
Koskiniemi continua: “Lo spettro dei casi di encefalite nei bambini è cambiato in conseguenza dei programmi di vaccinazione. L’incidenza, tuttavia, sembra essere circa la stessa a causa della crescente incidenza di vecchi e nuovi patogeni” [81].
E questo ha un senso, perché se un bambino ha un problema nell’immunità cellulo-mediata, qualsiasi sia la causa, il suo sistema diventa un bersaglio per altri microrganismi come VZV (herpes virus), virus respiratorio sinciziale, enterovirus, Chlamydia, HHV-6, o uno dei 20 diversi microrganismi che identificati nei casi esaminati da Koskiniemi.
Eppure gli scienziati riduzioniste ed esperti di statistica pro-vaccino si ostinano a sottolineare esclusivamente che i casi di morbillo sono diminuiti, così come i casi di encefalite morbillo-correlati. Come sempre, e come abbiamo sottolineato più e più volte, il quadro generale va valutato nel lungo periodo ed è quello che si dovrebbe fare nel valutare qualsiasi programma di vaccinazione.
Come possiamo proteggere noi e i nostri figli dal morbillo? Il ruolo della vitamina A
Per oltre 100 anni, la carenza di vitamina A è stata sempre associata alle reazioni avverse e agli esiti negativi per la salute delle infezioni da morbillo, specialmente nei bambini piccoli [44]. Non è forse arrivato il tempo che la comunità medica riconosca che ad ogni bambino che presenti i sintomi del morbillo, in particolare le complicanze, dovremmo somministrare vitamina A e valutare attentamente il suo stato nutrizionale generale? Altrimenti, cosa ci ha insegnato la storia?
La vitamina A blocca la rapida moltiplicazione del virus del morbillo all’interno delle cellule, aumentando la capacità innata del sistema immunitario nelle cellule sane e prevenire così il diffondersi dell’infezione. E’ noto che un basso livello di vitamina A è correlato ad una carenza di anticorpi specifici contro il morbillo e ciò comportando un aumento della morbilità e della mortalità. La somministrazione di vitamina A quindi è un intervento ben collaudato per la riduzione della mortalità, delle infezioni concomitanti, e della degenza.
Vaccinare contro il morbillo nel 1963 era come mettere un bambino con l’infezione in una stanza buia rispetto alla somministrazione di vitamina A. L’efficienza del sistema immunitario cellulare è legata all’assunzione di nutrienti alimentari, tra cui le vitamine A, D e C, zinco, selenio, e proteine ricche di vitamina B [45]. La scarsa nutrizione causa risposte immunitarie cellulari deteriorate, che si traduce in un quadro clinico più gravoso e rischioso per l’esposizione all’infezione da morbillo.
Questo spiega anche perché nel corso del 1800 e nei primi del ‘900, quando lo stato nutrizionale generale del mondo occidentale stava migliorando, c’è stata una forte diminuzione dei decessi per morbillo. Nel 1987, gli scienziati in Tanzania usavano la vitamina A durante le epidemie di morbillo e osservavano degli effetti protettivi impressionanti. Negli anni ‘90, quando si misurava una riduzione della mortalità del 60-90% per morbillo nei paesi poveri con l’utilizzo negli ospedali della vitamina A, si parlava molto del ruolo di questa vitamina nella riduzione della morbilità e mortalità della malattia. Dal 2010, è assodato che l’integrazione con vitamina A durante le fasi acute del morbillo porta ad un calo significativo della morbilità e mortalità della malattia.
Ma per dare credito al ruolo importantissimo della vitamina A (che si trova in alte concentrazioni nel latte materno) nella battaglia contro il morbillo abbiamo dovuto attendere la diffusione del vaccino in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, gli studi hanno messo in evidenza che la carenza di vitamina A non è solo un ricordo del passato: anche i bambini con una dieta normale erano carenti di vitamina nel caso di infezione da morbillo. Uno studio condotto nel 1992 in California ha dimostrato che il 50% dei bambini ricoverati in ospedale con il morbillo avevano una carenza di vitamina A [46]. Ma c’era anche carenza di vitamina A nel 30% dei malati che non hanno avuto il morbillo. Nessuno dei non infetti mostrava una carenza significativa di questa vitamina.
Anche la vitamina C può essere utilizzata durante un’epidemia di morbillo, ed è stata somministrata come profilassi fino a 1000 mg. ogni sei ore, per via endovenosa o intramuscolare, per proteggere dal virus [47]. La somministrazione per via orale, 1.000 mg. in succo di frutta ogni due ore, per essere utile va fatta lungo tutto l’arco della giornata. Si è inoltre constatato che 1.000 mg. per via orale, 4-6 volte al giorno, potrebbero attenuare gli effetti dell’infezione; con la comparsa di macchie di Koplik e febbre, intensificando la somministrazione a 12 dosi in 24 ore, tutti i segni ed i sintomi possono scomparire nell’arco di 48 ore.
La vitamina D svolge un ruolo importante nella lotta contro le infezioni, ma questo non si è scoperto se non dopo decenni dall’uso dei vaccini contro il morbillo, per cui non è stato testato clinicamente. Tuttavia, molti studi che suggeriscono fortemente livelli adeguati di vitamina D inferiore per attivare una corretta risposta immunitaria contro il morbillo [48].
La Panencefalite Sclerosante Subacuta- PESS, una grave complicazione da morbillo
Anche se alcuni volessero sostenere che, nonostante tutti i problemi creati dai vaccini contro il morbillo, valesse comunque la pena vaccinarsi e correre il rischio in quanto questa pratica avrebbe permesso di abbattere la morbilità della malattia, mancherebbe loro tuttavia il quadro generale della situazione.
Questo quadro comprende numerose malattie neurologiche, tra cui la SSPE (Subacute Sclerosing Panencephalitis, ovvero la Panencefalite Sclerosante Subacuta o PESS, che è una forma rara di encefalite cronica progressiva che porta quasi universalmente alla morte), anche in soggetti che sono completamente vaccinati. Contrariamente a quanto si vuole far credere, la PESS è oggi una malattia che si verifica anche nei soggetti vaccinati. In uno studio [49] che prende in esame nove casi di PESS, tre di questi appartengono a soggetti vaccinati contro il morbillo: in nessuno di questi vi era una storia di RASH cutaneo.
Già nel 1989, Dyken registrava un aumento della percentuale di casi di PESS in seguito alla vaccinazione contro il morbillo, casi caratterizzati da un periodo di incubazione più breve rispetto a quelli che si sviluppano dopo l’infezione naturale da morbillo. La PESS è ben lungi dall’essere un problema superato nell’era della vaccinazione. Quali siano le conseguenze per le persone vaccinate con virus che possono persistere a tempo indeterminato nell’organismo non è dato ancora a sapersi.
La trasmissione benigna da persona a persona del morbillo, in particolare nei paesi sviluppati, sembra essersi interrotta dopo anni di vaccinazioni sperimentali, con alcune conseguenze sorprendenti ed impreviste. L’interruzione intenzionale della trasmissione naturale della malattia è stata ottenuta attraverso la sistematica vaccinazione della popolazione infantile con determinati ceppi virali del morbillo, una pratica che ha generato reazioni anomale del sistema immunitario e causando, di conseguenza, nuove patologie.
Quella che abbiamo ora di fronte è una popolazione infantile malata, con elevati tassi di malattie croniche e disturbi che aumentando drammaticamente. Per molti, la vaccinazione sta diventando un modo per barattare una serie di possibili rischi (che sono propri delle malattie infettive) per un altro insieme di rischi probabili, il cui esito viene normalmente accettato come una “fatale coincidenza”.
Altri imbrogli collegati al vaccino
Recentemente la Merck è stata accusata, da due virologi ex dipendenti, di falsificazione di documenti, al fine di mantenere il suo brevetto per il vaccino della parotite, nascondendo per tutto questo tempo che il vaccino della parotite contenuto nell’MPR non è efficace.
Una causa è stata intentata a tale proposito nel 2010, successivamente integrata da nuove prove nel 2012, dove sono messi in evidenza i meccanismi attraverso cui la Merck avrebbe frodato i governi per poter vendere un vaccino dichiarato efficace per la parotite che in realtà avrebbe un tasso di efficacia molto più contenuto di quanto dichiarato” [50], [51].
Merck avrebbe perpetrato questa truffa a partire dal 2000 in poi per mantenere la sua licenza esclusiva nella vendita del vaccino MPR e mantenere il monopolio del mercato statunitense.
Questa causa è stata messa al riparo da “occhi indiscreti” e sostanzialmente ignorata dalla maggior parte dei media. La presunta attività fraudolenta è stata rivelata da due scienziati coraggiosi che lavorano nei laboratori della Merck. Essi sostengono di essere stati minacciati dai dirigenti della multinazionale americana nel caso intendessero informare dei fatti la FDA e di essere anche stati incentivati a tacere con la promessa di incassare bonus molto sostanziosi nel momento in cui il vaccino MPR fosse stato certificato e approvato per l’uso dal governo americano.
Se quanto sostengono questi scienziati è vero, allora il risultato netto della fraudolenta attività della Merck è stato quello di ottenere l’introduzione di più richiami del vaccino a fronte delle epidemie di parotite attribuite all’inefficacia di una singola dose invece che al vaccino in sé, con un netto incremento delle entrate per la Merck stessa.
È noto che la componente parotite di tutti i vaccini MPR dalla metà degli anni 1990 ha avuto un’efficacia molto bassa, stimata al 69%. La componente parotite del vaccino ha perso efficacia (la capacità di stimolare la produzione di un numero elevato di anticorpi indotti dal vaccino), ma ciò normalmente non viene misurato, come pure non vengono misurate le reazioni avverse e avviate indagini per approfondire i potenziali effetti negativi dell’iniezione di virus vivi della parotite nell’organismo. Cosa può accadere quando un virus vivo attenuato viene iniettato in un organismo umano, suscitando generalmente una blanda risposta immunitaria, senza la possibilità di essere eliminato dall’organismo stesso? Quali possono essere le conseguenze per la salute e nello sviluppo di patologie croniche?
Dovremo analizzare razionalmente e obiettivamente i rischi e i benefici di qualsiasi programma di vaccinazione, piuttosto che fare affidamento su campagne fondate sulla paura, progettate dai produttori di vaccini a caccia di profitto e promosse attraverso le agenzie governative di regolamentazione e di definizione delle politiche sanitarie, insieme con i media coinvolti in questa rete di conflitti di interesse.
Che cosa dovrebbe fare un adulto responsabile e premuroso?
Coloro che stanno cominciando a vedere le cose come stanno e sono in grado di mettere in discussione la sicurezza e l’efficacia dei vaccini, hanno la possibilità di mettere in discussione anche le proprie convinzioni di lunga data sulla pratica vaccinale e sulle malattie infettive. Questo non è facile da fare perché l’opinione pubblica è stata talmente bombardata dalla propaganda – basata sulla paura e su informazioni scorrette e false sulla vaccinazione per tantissimi anni – da non riconoscere più la verità e la menzogna.
Anche i medici dovrebbero fare un profondo esame di coscienza e rivalutare il proprio lavoro, di anni, se non di decenni, nel sostenere la somministrazione del vaccino antimorbillo, così come di altri vaccini, a bambini e adulti.
Qualora giungano alla conclusione che i vaccini spesso non riescono ad essere efficaci o sono addirittura dannosi, dovranno essere pronti ad affrontare una forte resistenza da parte dei funzionari ministeriali e del governo, come pure minacce molto concrete di radiazioni dall’albo professionale da parte dell’establishment sanitario che promuove ad ogni costo l’uso obbligatorio di tutti i vaccini.
Le manette dorate spesso sono troppo attraenti per i medici per poter accettare questa sfida, anche perché la paura di perdere tutto è molto reale.
Ma l’alternativa, ovvero mantenere e tutelare lo status quo, comporta delle conseguenze molto gravi per la salute delle generazioni future.
E’ tempo per tutti noi di riconoscere ciò che è, e non è ancora, noto sulle vaccinazioni come conseguenza per la salute di ognuno. Come minimo dobbiamo poter sostenere il diritto legale – per tutti – di esercitare il consenso o il dissenso informato alla vaccinazione, naturalmente inclusa la vaccinazione antimorbillo.
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