Ictus: i sintomi da non sottovalutare
“Ictus“: una parola tanto temuta, almeno quanto “infarto“. Si verifica l’ictus quando un vaso arterioso cerebrale o viene ostruito o si rompe dando vita ad un’emorragia. Il blackout genera lesioni e danni gravissimi a livello sensitivo o motorio, dal momento che il sangue non riesce più a veicolare l’ossigeno nelle zone interessate. Anche se non sempre si annuncia, l’ictus può essere preceduto da particolari avvisaglie che dovrebbero metterci in guardia sul pericolo che corriamo. Secondo un rapporto della Heart and Stroke Foundation of Canada, risalente al 2011, l’ignoranza sull’ictus è ancora molto elevata, soprattutto nella popolazione femminile, “nonostante in Canada si verifichi un episodio di questo tipo, ogni 10 minuti“, dice l’istituto. L’ICTUS L’ictus può essere emorragico (quando si verifica una vera e propria rottura dell’arteria cerebrale) ed ischemico (dovuto all’ostruzione dell’arteria, a causa di un embolo o di un deposito di placca). Quali sono i fattori di rischio? In genere, la pressione alta o l’ipercolesterolemia predispongono maggiormente al rischio di ictus, così come il diabete e l’utilizzo di pillole anticoncezionali. Anche chi soffre di problemi di coagulazione, ad esempio, rischia di sviluppare l’ ictus. Le donne che hanno avuto un aborto spontaneo hanno maggiori probabilità di soffrire di coaguli di sangue, così come quelle che soffrono di grvai forme di trombosi venosa. Lo stesso discorso vale per le persone che soffrono di livedo reticolare, una patologia caratterizzata dalla comparsa di chiazze cianotiche o rosse sulla pelle. Avete mai sentito parlare di emicrania con aura? Si tratta della condizione (fatta di disturbi visivi, visioni luminose nel proprio campo visivo) che precede o accompagna il vero e proprio mal di testa. Spesso questa fase si manifesta anche con l’indebolimento degli arti, formicolii e difficoltà nel parlare. Una ricerca scientifica pubblicata sul Journal of the American Medical Association, ha stabilito una relazione tra cefalea con aura ed un incremento del rischio di infarto e di ictus Altri fattori di rischio sono legati all’uso del contraccettivo orale, all’obesità (che favorisce la formazione di placche arteriose con conseguente ostruzione) ed al fumo che priva le cellule cerebrali del giusto apporto di ossigeno.Non esistono categorie di persone particolarmente a rischio di ictus cerebrale. Possono essere colpiti indistintamente giovani, anziani, uomini e donne anche se, con l’avanzare dell’età, le probabilità aumentano notevolmente. I SINTOMI DA NON SOTTOVALUTAREPrendere in tempo l’ictus è possibile, anche se difficile. Cogliere i cosiddetti campanelli d’allarme è, quindi, necessario per prevenire eventuali criticità. Tra le avvisaglie, ci sono l’ intorpidimento, il formicolio o la debolezza degli arti (braccio o gamba), afasia (difficoltà nel parlare), stato di confusione, problemi di vista, mal di testa lancinanti e vertigini. ICTUS E DEPRESSIONEIl dottor Adam C. Urado, professore di medicina al Tufts, ha parlato del rapporto tra ictus e farmaci antidepressivi dicendo che chi assume queste medicine, sviluppa maggiori possibilità di andare incontro ad un ictus. Dello stesso tenore è lo studio Women’s Health Initiative pubblicato online su Archives of Internal Medicine che ha seguito più di 160.000 donne in postmenopausa negli Stati Uniti per 15anni, esaminando i fattori di rischio e le possibili misure di prevenzione contro le malattie cardiovascolari, il cancro e l’osteoporosi. A distanza di uno o tre anni dall’inizio dello studio, circa 5.500 di queste donne ha assunto un antidepressivo con conseguente aumento del rischio di morte per ictus emorragico. “Ci sono altre forme efficaci di terapia per i pazienti ad alto rischio cardiovascolare che hanno anche la depressione“, sentenzia il dottor Jordan Smoller professore associato di psichiatria alla Harvard Medical School, “la depressione è un fattore di rischio noto per lo sviluppo delle malattie cardiovascolari; uno dei motivi per cui gli antidepressivi triciclici sono utilizzati meno frequentemente è il loro potenziale effetto negativo sulla funzione cardiaca“.
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