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TERREMOTI INDOTTI DALLE TRIVELLAZIONI



di Gianni Lannes

Nel Mare Adriatico sono attualmente attive 12 concessioni per l’estrazione di idrocarburi, da parte dell’Eni e dell’Edison, mentre nella regione Marche, secondo i dati ufficiali ministeriali risultano ben 26 concessioni in uso. Simili azioni di rapina multinazionale possono aver provocato i sismi che stanno sconquassando l’Italia Centrale? In ogni caso, a parte i danni materiali, soltanto nelle Marche ci sono 25 mila sfollati.



Dal 1951, ovvero dall’incidente di Caviaga a quello dell’Amiata nel 2000 e in seguito in Basilicata a causa della frenetica estrazione petrolifera, fino ai giorni nostri, la letteratura scientifica in  materia di sismi indotti dall’uomo è a dir poco ponderosa, anzi incontrovertibile.









Secondo l’avvocato Marco Mori «Avremmo le tecnologie e le capacità per evitare tali tragedie. Ma ovviamente costa meno qualche morto che mettere in sicurezza vaste aree del nostro Paese. "Non ci sono i soldi". Quando la gente capirà che questa frase è un crimine, vivremo in un mondo migliore. Per chi oggi è morto non si può fare più nulla, per tutti gli altri si, basterebbe riscattare la nostra sovranità!».

«Fino a pochi anni fa, nessuno immaginava che l’uomo avrebbe potuto avere un tale impatto sui fenomeni geofisici» dice Christian Klose, ricercatore della School of Applied Science della Columbia University, (Usa). Una sua ricerca conclude che dal 19° secolo a oggi più di 200 terremoti con una intensità compresa tra i 4,5 e i 7,9 gradi della scala Richter si sono verificati in seguito a lavori di geoingegneria. Spiega Klose: «Molti dei terremoti in questione sono avvenuti in aree dove esistono estrazioni di carbone, gas o altri fluidi dal sottosuolo, e di solito non superano i 5 gradi Richter. Quando invece l’attività umana innesca il movimento di faglie, i sismi conseguenti possono essere molto più forti».


Nel portale del servizio sismico svizzero c’è una pagina scientifica si legge:

 «Terremoti causati dall'uomo. Il sottosuolo terrestre è in continuo movimento: ecco perché sulla Terra si registrano quotidianamente sismi di piccola e grande entità. Tuttavia non tutte le scosse presentano una causa naturale: alcune di esse sono causate dall’uomo. La comunità scientifica parla in questo caso di «sismi indotti» o di «sismicità indotta», un fenomeno spesso causato da interventi tecnici di grande portata effettuati nel sottosuolo. Si tratta, con qualche rara eccezione, di terremoti di piccola entità pressoché impercettibili in superficie. In Svizzera i terremoti causati dall’uomo sono noti principalmente per il loro legame con i progetti geotermici: nel 2006 l’acqua iniettata ad alta pressione nel sottosuolo ha causato a Basilea un sisma di magnitudo 3.4 mentre nel 2013 si è verificato un terremoto di magnitudo 3.5 nei pressi di San Gallo. Tuttavia, anche altri utilizzi del sottosuolo possono causare delle scosse sismiche, ad esempio le iniezioni di CO2 o di acque di scarico, l’estrazione – convenzionale o meno – del petrolio o del gas naturale tramite fracking oppure i progetti dell’industria mineraria o la costruzione di tunnel. Anche i cambiamenti operati dall’uomo sulla superficie terrestre possono dar luogo a terremoti, ad esempio quando i laghi artificiali si riempiono per la prima volta d’acqua».


Ecco, di seguito, tradotto in italiano, un servizio giornalistico pubblicato il 28 marzo 2016 dal Washington Post (famoso per aver fatto scoppiare lo scandalo Watergate) uno dei più autorevoli quotidiano nordamericani. Un articolo ripreso anche dal Chicago Tribune e dal Boston Globe.
«I terremoti sono una calamità naturale, tranne quando sono causati dall’uomo. Negli Stati Uniti il settore petrolifero e quello del gas hanno adottato in modo massiccio la tecnica della fratturazione idraulica, o fracking, che serve a frantumare i cosiddetti shale, un tipo di rocce sedimentarie composte da fango e minerali argillosi che si trovano nel sottosuolo, ed estrarre petrolio e il gas di scisto. Il processo però produce una quantità incredibile di acque reflue contaminate da agenti chimici, e anche la tecnica della perforazione orizzontale per l’estrazione del petrolio può produrre un’enorme quantità di acqua naturale salata indesiderata. Gli operatori del settore smaltiscono queste acque reflue immettendole in profondi pozzi, ma provocando dei movimenti nel sottosuolo. Lunedì 28 marzo la Geological Survey degli Stati Uniti (USGS), l’agenzia scientifica del governo che si occupa di studi sul territorio e rischi naturali, ha pubblicato per la prima volta una mappa del rischio sismico che prende in considerazione sia i terremoti naturali che quelli “indotti” dall’uomo. La mappa e il rapporto che l’accompagna evidenziano come in alcune aree nel centro degli Stati Uniti il rischio sismico sia pari a quello del suolo della California, di cui è tristemente nota l’instabilità. Secondo lo USGS circa sette milioni di persone vivono in zone esposte al rischio dei terremoti indotti. Gli stati che hanno il maggior rischio di essere colpiti da terremoti causati dall’uomo sono Oklahoma, Kansas, Texas, Arkansas, Colorado, New Mexico, Ohio e Alabama. La maggior parte di questi terremoti sono relativamente deboli, intorno a tre gradi di magnitudo, ma se ne sono registrati anche di più potenti, come il terremoto di magnitudo 5,6 in Oklahoma del 2011, legato allo smaltimento per iniezione delle acque reflue. Lunedì scorso alcuni scienziati hanno detto di non sapere se i terremoti indotti siano in grado di arrivare solo fino a un certo limite: è ancora un’area di ricerca. Nella preistoria l’Oklahoma è arrivato ad avere terremoti di magnitudo sette. Non è ancora chiaro se la nuova ricerca porterà a un cambiamento nelle pratiche del settore. In Oklahoma, per esempio, ci sono solo uno o due terremoti naturali all’anno, ma negli ultimi dieci anni, da quando le attività di fracking e di perforazione orizzontale (e la conseguente immissione di acqua nel sottosuolo) sono diventate comuni, se ne sono registrati a centinaia. «Prendendo in considerazione anche gli eventi causati dall’uomo, la nostra valutazione del rischio sismico è aumentata sensibilmente in alcune zone degli Stati Uniti», ha detto in un comunicato Mark Petersen, capo del progetto per la mappatura del rischio sismico dell’USGS. Il rapporto, che si basa sull’attività sismica recente, è solo una valutazione del rischio per un anno. Gli scienziati sostengono che i casi di terremoti indotti del recente passato potrebbero probabilmente ripetersi nel prossimo futuro. Le mappe precedenti dell’USGS non includevano eventi causati dall’uomo. Nel 2014, per esempio, la mappa assegnava all’area tra le città di Dallas e Fort Worth, in Texas, un rischio molto basso di terremoti naturali. Con la nuova mappa però, che tiene conto anche dei sismi indotti, l’USGS ha calcolato nell’area un rischio dieci volte superiore. Nel gennaio del 2015 la faglia che attraversa Dallas e la vicina città di Irving ha provocato un terremoto di magnitudo 3,6, a meno di dieci chilometri di distanza da un pozzo di iniezione. Alcuni ricercatori stanno studiando quel terremoto, ha raccontato Heather R. DeShon, una sismologa della Southern Methodist University. «La nuova mappa serve per ricordare alle popolazioni locali nelle aree recentemente colpite da sismi che è meglio essere pronti a sentire la terra tremare di nuovo», ha detto DeShon, che non ha partecipato al progetto. Secondo il Dallas Morning News uno studio non ancora pubblicato dell’ente federale per la gestione delle emergenze degli Stati Uniti mostrerebbe come nello scenario peggiore un terremoto di magnitudo 5,6 a Dallas potrebbe danneggiare 80mila edifici, farebbe crollare gli argini e provocherebbe danni per 9,5 miliardi di dollari. L’elemento più notevole della nuova mappa dell’USGS è la macchia rosso scuro nell’area a centro-nord dell’Oklahoma, che quest’anno è già stata colpita da un terremoto di magnitudo 5,1. «Il mio primo pensiero è stato: “Oddio, l’Oklahoma e più rosso della California”», ha scritto in un’email la geologa dello USGS Susan Hough dopo aver visto la mappa della sua agenzia per la prima volta lunedì scorso. Calcolare il rischio sismico di un’area specifica in un dato momento è difficile, anche perché i terremoti naturali sono imprevedibili. Come lo è il settore petrolifero e del gas. Con il calo del prezzo del petrolio, di recente le aziende specializzate hanno diminuito le perforazioni. Il calo di produzione potrebbe spiegare la diminuzione del numero di terremoti negli ultimi mesi, ha detto Rex Buchanan, direttore del Kansas Geological Survey, un dipartimento di ricerca della University of Kansas. Secondo Buchanan, anche le nuove norme degli stati americani per la gestione dello smaltimento delle acque reflue potrebbero essere utili. Salvo poche eccezioni, le regioni centrali e orientali degli Stati Uniti non sono solitamente considerate zone sismiche. Ma questo non significa che non ci siano delle faglie anche nel sottosuolo delle regioni più calme. «Le faglie sono praticamente dappertutto. Gli Stati Uniti si sono formati nel corso di oltre un miliardo di anni, e durante il processo di formazione sono state prodotte moltissime faglie», ha raccontato Michael Blanpied, coordinatore associato dello Earthquake Hazards Program dello USGS. I liquidi immessi nei profondi pozzi di iniezione non lubrificano le faglie, ma piuttosto aumentano la pressione esercitata su di loro separandone le pareti, ha sottolineato Blanpied».

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