Una rivoluzionaria scoperta di un team di scienziati dell’Università di Firenze mette in relazione l’intossicazione da Cadmio con la Sindrome da Affaticamento Cronico
Il sito Ambientebio.it ha recentemente pubblicato un interessante studio medico-scientifico che evidenzia il legame fra inquinamento da metalli pesanti, in particolare il cadmio, alla Sindrome da Affaticamento Cronico, una patologia sempre più diffusa e per certi versi ancora oscura. Ne ha dato ampio risalto questa settimana il sito Tanker Enemy, da sempre molto attento a queste ricerche.
Conosciuta in ambito scientifico internazionale come Chronic Fatigue Syndrome, è un disturbo dalle origine ancora non bene chiarite, che causa una spossatezza prolungata e debilitante nonché molteplici sintomi quali cefalea, faringite ricorrente, dolori muscolari ed alle articolazioni, disturbi del sonno, perdita di memoria, difficoltà di concentrazione e uno stato di malessere generale. Esserne colpiti, infatti, è un po’ come ritrovarsi all’improvviso con le batterie a terra, e non essere minimamente in grado di ricaricarle. I sintomi di questa patologia si protraggono in genere almeno per sei mesi, ma spesso nella realtà possono anche durare anni. Il più evidente di essi è proprio una soglia di affaticamento bassissima anche a fronte di sforzi fisici e mentali minimi. Chi soffre di questa sindrome prova, come ha evidenziato Paola Fantaguzzi in un suo articolo del 2012, un senso di spossatezza costante che non si riesce ad alleviare con il riposo, che si accentua dopo qualunque sforzo e che conduce, in tempi rapidi, a dover modificare radicalmente il proprio stile di vita. L’autorevole scienziato canadese Donald Scott, scomparso nel 2011, ipotizzò che la principale causa di questa sindrome fosse un determinato micoplasma geneticamente modificato e molto aggressivo, ma quasi sicuramente le cause ed i cofattori di una simile affezione sono molteplici. É comunque assodato che i metalli pesanti (in particolare alluminio, bario, stronzio, ferro, manganese) sono all’origine di molte patologie neurodegenerative, come del resto è altamente probabile che la dispersione di nanoparticolato metallico, attraverso le quotidiane e letali operazioni di geoingegneria clandestina, sia la principale causa dell’incremento esponenziale e della sempre maggiore diffusione di queste affezioni e dell’abbassamento dell’età delle persone che ne vengono colpite.
Importanti novità scientifiche sono emerse recentemente proprio dall’Italia, in particolare per quanto riguarda il legame fra la Sindrome da Affaticamento Cronico ed i metalli pesanti. Uno studio internazionale, promosso dall’Università di Firenze ha infatti presentato nuove importanti ipotesi riguardo questa correlazione. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
Un gruppo di ricerca della Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze, guidato dai Professor Gulisano e Ruggiero, ha recentemente pubblicato un articolo scientifico sulla prestigiosa rivista Medical Hypotheses dove si ipotizza per la prima volta una relazione tra esposizione al cadmio e questa sindrome, che è nota anche come Encefalomielite Malgica. Come hanno evidenziato questi scienziati, questa sindrome neurologica invalidante colpisce milioni di persone nel mondo e si calcola che in Italia i malati siano nell’ordine delle centinaia di migliaia, anche se purtroppo in molti di loro la patologia non è correttamente diagnosticata. Infatti la diagnosi risulta incerta, lunga e complessa e spesso i malati sono costretti a subire esami diagnostici per mesi e mesi prima di arrivare alla diagnosi. Come per molte affezioni neurodegenerative, le cause non sono note e la terapia, spesso soltanto palliativa, ha scarsi risultati. Il gruppo di ricerca fiorentino, nell’articolo pubblicato, ipotizza per la prima volta un legame tra la malattia ed esposizione al cadmio. Il cadmio è un metallo pesante cancerogeno molto diffuso nei paesi industrializzati, che deriva dall’inquinamento urbano, dal’incenerimento dei rifiuti, dai processi industriali, dal fumo di tabacco, e soprattutto dalla geoingegneria clandestina. I ricercatori fiorentini, dopo aver dimostrato i danni indotti dal cadmio sui neuroni umani, hanno messo a punto una tecnica ecografica semplice e priva di rischi che permette di studiare la corteccia cerebrale senza l’uso di radiazioni, in modo da evidenziare fenomeni di infiammazione o di danno encefalico nei pazienti affetti da Sindrome da Affaticamento Cronico e nei soggetti esposti al cadmio. In questa maniera, sarà possibile diagnosticare precocemente i danni neurotossici conseguenti all’esposizione al cadmio (ad esempio, nei fumatori o nelle persone che vivono in prossimità di aree inquinate, di impianti industriali o inceneritori) ed individuare i sintomi della patologia in modo da intervenire in modo tempestivo. Sarà anche possibile monitorare la malattia e la risposta alle diverse terapie in via di sperimentazione nel mondo, con l’auspicio di poter osservare una reversione del danno cerebrale. Il prestigio internazionale della rivista dove i ricercatori fiorentini hanno pubblicato lo studio è testimoniato dalla presenza nel comitato editoriale dei Premi Nobel Arvid Carlsson, John Eccles, Frank Macfarlane Burnet e Linus Pauling, e del pioniere della Filosofia della Scienza, Sir Karl Popper. L’articolo, reperibile sul sito della rivista Medical Hypotheses è inoltre stato immediatamente inserito nel database della National Library of Medicine del Governo degli Stati Uniti d’America.
Come Fiorentino e come Italiano mi sento particolarmente orgoglioso del fatto che questo importante studio sia avvenuto nel mio Paese e nella mia Città e mi auguro che il lavoro di questi scienziati possa contribuire va sensibilizzare la popolazione sui seri rischi che un’esposizione ai metalli pesanti comporta per la nostra salute.
Nicola Bizzi
Come cercare di trovare un rimedio a tale intossicamento?
Esiste già in commercio(chissà perchè) qualcosa che può aiutarci a riguardo:
La zeolite è un minerale di origine vulcanica
che, grazie alla sua struttura microporosa, può essere utile al nostro organismo per disintossicarsi dalle sostanze dannose che circolano al suo interno, dovute al metabolismo delle cellule o a fattori esterni come alimentazione e respirazione.
La zeolite, infatti, soprannominata “lo spazzino dell’organismo” possiede la grande capacità di assorbire tossine, metalli pesanti, pesticidi e micotossine.
Una volta entrata nel nostro organismo e arrivata nel tratto gastro-intestinale non solo non è tossica ma non viene neppure assorbita, svolge infatti il suo lavoro all’interno dell’intestino, grazie ad un reazione chimica. La zeolite possiede una struttura cristallina a carica negativa e quindi assorbe i cationi, ovvero le sostanze che hanno carica positiva, tra queste appunto metalli pesanti, nitrosamine e ammonio.
Ottime potenzialità ha poi la zeolite nel preservare l’organismo dai danni dei radicali liberi grazie alle sue doti antiossidanti ed inoltre, grazie alla riduzione di ioni ammonio all’interno del corpo, assumere zeolite favorisce la concentrazione, diminuisce il senso di stanchezza, aumenta la resistenza fisica e riduce l’acido lattico. Ecco perché spesso la assumono gli sportivi.
Oltre all’uso interno della zeolite, questo minerale è ottimo anche per applicazioni topiche in caso di acne, pruriti, dermatiti, psoriasi e altre problematiche della pelle. In questo caso bisogna prendere una puntina di polvere e tamponarla sulle zone interessate con un batuffolo imbevuto d’acqua, massaggiando delicatamente.
COME UTILIZZARLA
Per quanto riguarda la zeolite in polvere, come prevenzione si può prendere la punta di 1 cucchiaino 2 volte al giorno prima dei pasti, mentre se si vuole fare una disintossicazione dai metalli pesanti la posologia consigliata è di 1 cucchiaino (5 grammi) mezz’ora prima di ogni pasto principale. Se si assume in capsule, solitamente la dose consigliata è di 3 al giorno. L’unica accortezza da avere quando si assume zeolite è quella di bere molta acqua, dato infatti il potere assorbente di questo minerale la possibile controindicazione è quella di iniziare ad avere problemi di stitichezza.
DOVE TROVARLA
La zeolite è un prodotto non ancora molto diffuso e quindi non è sempre facilmente reperibile in erboristerie e negozi di alimentazione e rimedi naturali. Spesso però, su richiesta, è possibile ordinarla ed è un servizio che offrono anche le tradizionali farmacie. L'alternativa è quella di acquistare la polvere di zeolite o le capsule a base di questo minerale direttamente online.
Francesca Biagioli
La zeolite è uno strano materiale. Basta spruzzarci sopra un po' d'acqua e immediatamente comincia a emanare calore. Arriva fino a 80 gradi, per poi asciugarsi e tornare rapidamente allo stato di partenza, pronta a surriscaldarsi di nuovo. Non per niente il suo nome significa "pietra che bolle". Si comporta così per il modo in cui è fatta, perché ha al proprio interno minuscole cavità che intrappolano le particelle d'acqua e, frenandole, fanno sì che l'energia che le molecole possiedono si trasformi in calore.
Alcuni consigli per gli acquisti.
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