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Scie chimiche: la guerra segreta (Documentario)

Scie chimiche: la guerra segreta (Documentario di Rosario e Antonio Marcianò)
                                                                                                                                                                                                                                                                                                           
  
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Pubblicato il 17 nov 2014
Tanker Enemy ha realizzato il primo documentario professionale dedicato alla geoingegneria clandestina, alias "scie chimiche". Tutti noi saremo i produttori di un documentario che non porrà solo domande, ma che snocciolerà, una ad una, prove inconfutabili sulla "guerra climatica". La produzione porrà di fronte alle loro responsabilità tutti coloro che, in questi anni, hanno negato, ridicolizzato, sminuito il problema, che non è un problema, ma IL PROBLEMA.

Sìì parte integrante del progetto! Sìì l'artefice del cambiamento! Contribuisci anche tu.

Pagina ufficiale: http://www.tanker-enemy.eu/scie-chimi...

CHE COS'E' "SCIE CHIMICHE: LA GUERRA SEGRETA" ("CHEMTRAILS: THE SECRET WAR")

E' il primo documentario professionale dedicato alla geoingegneria clandestina, alias "scie chimiche", realizzato da Tanker Enemy.

Volete anche voi un prodotto che condensi le centinaia di prove e testimonianze e che affronti il soggetto senza mezzi termini? Allora aiutateci a realizzarlo.

"Scie chimiche: la guerra segreta" sarà una summa volta ad analizzare le caratteristiche salienti della questione attraverso un approccio scientifico e rigoroso. Ci si prefigge così l'obiettivo di colmare una lacuna nella divulgazione del nostro paese: infatti, mentre negli Stati Uniti sono stati prodotti alcuni dossiers circa la geoingegneria illegale, anche se imperniati quasi esclusvamente sulle manipolazioni meteorologiche, che sono un aspetto collaterale del fenomeno, in Italia manca ancora un documentario ad hoc. Importantissima sarà la diffusione capillare del reportage con il fine di trasmettere il più possibile informazioni esaurienti ed inattaccabili.

GRAZIE DI TUTTO!

Antonio e Rosario Marcianò
Comitato Nazionale Tanker Enemy

www.tankerenemy.com
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Un documento del 1975, redatto dalla F.A.A. e dal N.O.A.A., dimostra che le “contrails” persistenti non esistono.

Scie di condensazione: un falso problema usato come copertura per le attività di geoingegneria clandestina

E’ il 1975, allorquando la F.A.A. (Federal Aviation Administration) ed il N.O.A.A. (National Oceanic and Atmospheric Administration) pubblicano un corposo documento (219 pagine), indirizzato a piloti e personale addetto alle operazioni aeree, nel quale sono enucleati, con dovizia di particolari, tutti gli aspetti legati alla fisica dell’atmosfera in relazione al volo. Il tomo è intitolato “Aviation weather – For pilots and fligt operation personnel“. A pagina 143 del volume cartaceo di cui è è stata eseguita la scansione elettronica (153 sul PDF), troviamo la sezione dedicata alle scie di condensazione e qui è spiegata l’esatta genesi delle “contrails”. Infatti leggiamo: 
A condensation trail, popolarly contracted to “contrail”, is generally defined as a cloud-like streamer wich frequently is generated in the wake of aircraft flying in clear, cold, humid air […].
Pur ribadendo che le scie di condensazione sono un fenomeno raro (al contrario di quanto affermato nel manuale), in quanto ad alta quota l’aria è sempre molto secca, è opportuno evidenziare questa parte della frase sopra riportata e cioè “in clear, cold, humid air” e cioè in un’atmosfera pulita, fredda ed umida. Sappiamo, invece, che i negazionisti blaterano di scie di condensazione che si possono formare anche in un’atmosfera priva di umidità. Anzi! Il mantra dei disinformatori è il seguente: “I parametri fisici per la formazione delle scie di condensa sono un’invenzione di Tanker Enemy. Le contrails si formano anche con UR uguale a zero, poiché l’acqua sufficiente alla loro formazione è apportata dai motori“.
Proseguiamo, però, con la lettura della sezione riguardante le contrails e concentriamoci sulla parte fondamentale dello scritto.
EXAUST CONTRAILS – The exaust contrails is formed by the addition to the atmosphere of sufficient water wapor from aircraft exaust gases to cause saturation or supersaturation of the air. Since that heat is also added to the atmosphere in spite of the added heat. There is evidence to support the idea that the nuclei which are necessary for condensantion or sublimation may also be donated to the atmosphere in the exaust gases of aircraft engines, further aiding contrail formation. These are relatively large. Recent experiments, however, have revealed that visible exaust contrails may be prevented by adding very minute nuclei material(dust, for example) to the exaust. Condensation and sublimmation on these smaller nuclei result in contrail particles to small to be visible“.
Contrails FAAIn estrema sintesi si legge che “le scie di condensazione si formano solo se il vapore acqueo aggiunto dai gas incombusti è sufficiente a saturare o sovrassaturare la porzione di atmosfera con la quale vengono a contatto, in aggiunta alla presenza di particolato sufficientemente grande“. Inoltre, ed è qui la parte di rilievo, gli autori affermano che “recenti esperimenti hanno evidenziato che per prevenire la formazione di scie di condensazione visibili è sufficiente far sì che il particolato prodotto dai gas incombusti sia molto piccolo(‘…very minute nuclei material‘). E prosegue: “Ciò porta alla formazione di una scia di condensa composta da nuclei di condensazione troppo piccoli affinché la scia possa risultare visibile” (“Condensation and sublimmation on these smaller nuclei result in contrail particles to small to be visible“).
E’ chiaro quindi che, non solo le contrails sono, almeno dal 1975, un problema risolto, a differenza di quanto mendacemente asserisce la N.A.S.A., ma, soprattutto, il documento in questione sottolinea che per la fisica dell’atmosfera le scie di condensazione persistenti e che si estendono sino a coprire vaste porzioni di cielo, non esistono. Sono un non-senso. Esse sono solo il prodotto della bieca propaganda volta a giustificare la presenza, nei cieli del mondo, di coperture del tutto artificiali, scientificamente volute e che non hanno alcuna attinenza con i fenomeni della sublimazione e della condensazione.
Fonte: Tanker Enemy

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Adriatico: una immensa discarica di armi chimiche “made in USA”

Le polemiche sul trasferimento nel porto di Gioia Tauro delle armi chimiche siriane non devono farci dimenticare che, fin dalla Seconda Guerra Mondiale, l’Adriatico è sempre stato utilizzato dalle forze armate americane e britanniche come discarica di ordigni letali, radioattivi e altamente inquinanti
Nelle ultime settimane tutti i giornali hanno dedicato spazio alle polemiche suscitate dalla decisione di trasferire nel porto calabrese di Gioia Tauro le armi chimiche provenienti dalla Siria che, nel quadro degli accordi internazionali, dovranno essere trattate per divenire inoffensive. Ma raramente i nostri mezzi d’informazione si ricordano di una terribile e sconcertante verità: il Mare Adriatico è un immenso cimitero di armi chimiche, radioattive e di ogni genere di ordigni letali. E questo già dalla fine del secondo conflitto mondiale, quando le forze armate occupanti, i cosiddetti “alleati”, decisero di farne la principale discarica per tutte le sostanze più pericolose e vietate dai trattati internazionali.
Le nostre autorità, sia politiche che militari, sono bene al corrente della cosa, come sanno bene del resto che questo allucinante “stoccaggio” di ordigni letali non ha conosciuto soste, protraendosi negli anni fino a tempi a noi molto vicini. Anche durante e dopo il barbaro attacco della NATO contro la Serbia del 1999, infatti, il nostro mare orientale è stato continuato ad essere utilizzato come discarica prediletta dall’esercito americano per occultare un numero impressionante di ordigni, comprese le micidiali bombe a grappolo (clustrer bombs) e quelle all’uranio impoverito.
Pochi giornalisti hanno fino ad oggi avuto il coraggio di denunciare la cosa e di evidenziare gli enormi rischi per la salute che questa discarica rappresenta per milioni di nostri concittadini che vivono e risiedono sulle coste adriatiche. Fra questi pochi si è sempre distinto Gianni Lannes, autore di numerose inchieste che hanno fatto luce su questa realtà drammatica.
Attraverso il suo blog Sulatesta!, Lannes è tornato recentemente sulla questione, denunciando come l’intero ecosistema dell’Adriatico sia ormai irrimediabilmente compromesso e rilevando come già dieci anni fa l’ICRAM (l’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare) denunciava, alla luce di un accurato studio scientifico, l’inquinamento subito dall’intera catena alimentare.
Pezzi di questo ammasso informe (che si stima sia di oltre un milione di ordigni caricati con aggressivi chimici come l’Iprite e il Fosforo, soltanto se si contano quelli affondati nell’immediato dopoguerra) emergono sempre più spesso per via delle correnti marine che li depositano sulle spiagge. E capita spesso che questi ordigni rimangano impigliati nelle reti dei pescatori, che risultano i più esposti alla nocività di certe sostanze. Tanto che, come denunciato sempre da Lannes, viene applicato il Segreto di Stato sulle cartelle cliniche di tutti gli addetti del settore della pesca.
Già nel Marzo 2007 Gianni Lannes aveva pubblicato sul settimanale Left (di cui era condirettore Andrea Purgatori, il giornalista che sul Corriere della Seraaveva indagato fin dalle prime battute sulla strage di Ustica, scoprendone il “muro di gomma”) un’accurata inchiesta a riguardo, approfondendola poi sul campo in varie occasioni e pubblicando poi gli sconcertanti risultati delle sue scoperte cinque anni dopo, nel 2012, dedicandovi un intero capitolo (intitolato “Bombe amare”) del suo libro Il Grande Fratello, strategie del dominio.
Apprendiamo, dalle sue denunce, che la pratica di utilizzare i mari come discariche di ordigni letali e sostanze chimiche è sempre stata adottata dagli eserciti, soprattutto quello americano e quello britannico. Tanto che, al termine della Seconda Guerra Mondiale – tra il 1945 ed il 1947 – gli “alleati” hanno affondato un po’ ovunque a largo delle coste europee (oltre che nell’Adriatico anche nel Tirreno, nel Baltico e nell’Atlantico del Nord) enormi quantità di ordigni, tra cui oltre 60.000 tonnellate di agenti nervini. E, sempre parlando di gas nervini, risulta che le forze armate americane abbiano inabissato nell’Atlantico decine di migliaia dei propri razzi M-55, non stagni, e pieni del micidiale Sarin. Razzi che, essendo appunto non stagni, e quindi soggetti all’azione erosiva dell’acqua marina, hanno già iniziato da tempo a liberare il loro micidiale contenuto.
Ed anche il Pacifico, oggi sconvolto dagli effetti dell’inquinamento radioattivo di Fukushima, risulta essere costellato da discariche contenenti migliaia di tonnellate di armi chimiche affondate, oltre che dagli Americani, anche dalle forze armate britanniche e australiane.
Il Bulletin of the Atomic Scientists, citando uno studio condotto nel 1993 dalla US Arms Control and Disarmament Agency (ACDA, Agenzia USA per il controllo delle armi e il disarmo), riporta testualmente che  “in tutto, gli Stati Uniti sono responsabili di aver effettuato 60 scarichi in mare, per un totale di 100.000 tonnellate di armi chimiche piene di materiali tossici. I siti statunitensi si trovano nel Golfo del Messico, al largo del New Jersey, della California, della Florida, di New York e del South Carolina e nei pressi di India, Italia, Norvegia, Danimarca, Giappone e Australia”.
Ma l’Adriatico rappresenta, soprattutto per noi Italiani, alla luce di ciò che nasconde sui suoi fondali, una vera e propria bomba ad orologeria.
Secondo quanto emerge da documentati rapporti della Questura di Bari, consultati da Gianni Lannes presso l’Archivio di Stato del capoluogo pugliese, le forze armate di Sua Maestà Britannica, al termine del secondo conflitto mondiale, hanno deliberatamente affondato a poche miglia dal litorale barese, in fondali bassi e pescosi, migliaia di ordigni contenenti armi chimiche. Sulla vicenda il Governo di Londra ha imposto una censura militare tutt’oggi in vigore, nonostante che i primi documenti sanitari sui pescatori italiani contaminati da quelle sostanze risalgano al 1946.
La cosa più sconvolgente è che l’ubicazione esatta di queste discariche, oltre ad essere talvolta scarsamente nota alle nostre autorità militari, non viene criminalmente segnalata alla popolazione, mettendo così a rischio, oltre a quelle dei pescatori, le vite di chiunque lavori sul mare e degli ignari sub e dei bagnanti, che sempre più spesso si imbattono in distese di ordigni che le mareggiate portano alla luce sui fondali.
Emblematico è il caso di Pianosa, la più remota delle isole dell’arcipelago delle Diomedee, ultimo lembo nell’Adriatico di suolo italiano prima del confine con le acque internazionali, di fronte al Gargano. Come denuncia sempre Gianni Lannes, quella che è classificata come un’incontaminata riserva naturale marina con fondali cristallini e varietà di flora e fauna marine uniche in tutto il Mediterraneo, è in realtà un cimitero di ordigni letali.
Eppure un decreto interministeriale del  14 Luglio 1989 stabilisce che sull’isola e attorno ad essa è vietata «l’alterazione con qualsiasi mezzo dell’ambiente geofisico o delle caratteristiche biochimiche dell’acqua, nonché l’introduzione di armi, esplosivi e di qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, nonché sostanze tossiche o inquinanti» e né il Portolano della navigazione né le carte nautiche, neanche le più aggiornate, fanno menzione alcuna del tappeto di bombe che si estende su quei fondali. Nessuna comunicazione a riguardo viene ufficialmente data alla popolazione ed ai turisti, nonostante che le nostre autorità militari siano ben consapevoli di ciò che le acque di Pianosa nascondono.
Presso la Capitaneria di Porto di Manfredonia, infatti, nonostante la mancata collaborazione istituzionale, lo stesso Lannes ha avuto modo di verificare una precisa ordinanza classificata come “numero 27″, risalente al 18 Ottobre 1972. Il documento, firmato dal Tenente Colonnello Mariano Salemme, rende noto che «Nella zona di mare circostante l’isola di Pianosa, per una profondità di metri 100, sono depositate su fondo marino un numero imprecisato di bombe aeree che rendono quella zona pericolosa alla navigazione, ancoraggio e sosta di qualsiasi natante, e per la pesca, la pesca subacquea e la balneazione». Pertanto, prosegue il documento,  «Dalla data odierna fino a nuovo ordine, nella zona di mare sopra indicata, per una profondità di mare di metri 500 (cinquecento), sono vietata la navigazione, l’ancoraggio e la sosta di qualsiasi natante, la pesca, la pesca subacquea e la balneazione».
Ai numerosi ordigni rilevati dalla Marina Militare nel 1972, sui fondali di Pianosa si sono poi aggiunti quelli risalenti al recente conflitto nei Balcani. E numerosi involucri esplosivi, inclusi quelli risalenti all’attacco NATO alla Serbia del 1999, perdono il loro micidiale contenuto, alterando l’habitat marino con gravi conseguenze ambientali e sanitarie. Lo confermano i dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ha censito fino ad oggi soltanto una minima parte delle bombe americane presenti nell’area. «Le indagini hanno evidenziato un notevole stress per gli animali marini campionati – rivela Luigi Alcaro, ricercatore dell’ISPRA – segni di sofferenza e alterazioni a livello biochimico e istologico che possono essere diretta conseguenza del TNT disperso dalle bombe».
Il TNT, secondo la letteratura scientifica, è un composto solido, giallo e inodore prodotto dalla combinazione di acido nitrico e adido solforico. Numerose ricerche hanno dimostrato la tossicità di questa sostanza sull’organismo umano che si manifesta a diversi livelli provocando epatite e anemia emolitica, danni all’apparato respiratorio, eritemi e dermatiti. Inoltre essa è stata qualificata a livello internazionale anche come potenziale agente cancerogeno.  
Lo studio dell’ICRAM datato Maggio 2003 parla chiaro, come ha rilevato Gianni Lannes nelle sue inchieste. Non a caso il rapporto è intitolato “Contaminanti rilasciati dalla corrosione di residuati bellici sui fondali dell’isola Pianosa”.
Un’interrograzione parlamentare rivolta il 13 Luglio 2004 dal deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli ai Ministri dell’Ambiente e della Difesa, affermava testualmente: «Nelle acque di Pianosa operano abitualmente pescatori di frodo e in prossimità dell’isola transitano petroliere e spesso gettano l’ancora natanti fuoribordo, circostanze che rendono possibile l’esplosione degli ordigni una volta che essi venissero a contatto con gli scafi». Bulgarelli aveva chiesto inoltre: «quali iniziative si intendano adottare per rimuovere nel più breve tempo possibile gli ordigni giacenti sui fondali, fonti di gravissimo pericolo per l’ecosistema, per la navigazione e la salute delle popolazioni dell’arcipelago delle Tremiti?»
L’unica risposta “istituzionale” agli allarmi lanciati dagli scienziati, ai rapporti dell’ICRAM e alle interpellanze dei Verdi risale al 14 Ottobre 2005. L’allora Ministro della Difesa Antonio Martino si limitò ad ammettere, nel caso di Pianosa «il rinvenimento di un numero imprecisato di ordigni bellici risalenti alla Seconda Guerra Mondiale» (tacendo quindi su tutti gli ordigni inabissati intenzionalmente dal dopoguerra fino ad oggi), ma si guardò bene dall’adoperarsi per predisporre una qualsiasi bonifica dei fondali.
Ma, sia nel caso delle Tremiti che per tutti gli altri numerosi siti contaminati dell’Adriatico e del Tirreno, nonostante la gravità inaudita della situazione, l’opinione pubblica è ancora tenuta colpevolmente all’oscuro dalle autorità e i vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni non sono mai seriamente intervenuti, né mai si è parlato di dare inizio a delle bonifiche.
Si preferisce, da parte dei politici, nascondere la testa sotto la sabbia e fingere che il problema non esista, come è stato fatto per ben diciassette anni nel caso della “Terra dei Fuochi”, su cui si arrivò addirittura a imporre il Segreto di Stato, mentre la gente continua ad ammalarsi e a morire.
«Oggi siamo tutti danneggiati. Il problema non si deve ignorare ma risolvere. Tutto purtroppo è ancora nell’ombra», ammonisce Antonio Savasta, sostitutore procuratore a Trani.
Infrangere il muro di gomma, secondo Gianni Lannes, è un bene per tutti: i responsabili – soprattutto il governo USA – dovrebbero assumersi le proprie responsabilità e caricarsi gli oneri delle bonifiche, ammesso che vi siano le condizioni per poterle ancora fare, ammesso che per i nostri mari non sia ormai già troppo tardi.
Ma quali assunzioni di responsabilità ci si potrebbe mai aspettare, aggiungo io, da un esercito, quello degli Stati Uniti d’America, che dal 1945 continua ad occupare militarmente il nostro territorio e che ha sempre considerato i nostri mari alla stegua di un immenso immondezzaio?
E quali assunzioni di responsabilità ci potremmo aspettare da una classe politica che non solo ha permesso tutto questo, ma che ha anche contribuito a nasconderlo per decenni all’opinione pubblica e ai cittadini?
Nicola Bizzi
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A Gioia Tauro le armi chimiche mostrano il volto della mancata democrazia

Uno dei tanti casi che più sta facendo discutere parte di questo Paese, sempre meno democratico, a partire dal premier non eletto dai cittadini, è quello che vede coinvolta la cittadinanza del porto di Gioia Tauro dove gli abitanti sono in subbuglio e allarmati per il trasbordo che avverrà da qui a poco delle armi chimiche siriane dal cargo danese Ark Futura alla nave statunitense Cape Ray.
La domanda nasce spontanea: è possibile che i nostri governanti si offrano sempre come ‘eroi’ nelle situazioni più pericolose e costose incoscienti dei rischi ai quali sottopongono i loro cittadini, in nome di un riconoscimento a volte anche solo a parole da parte dell’Europa che a nulla serve in un momento come quello che stiamo attraversando dove la disoccupazione cresce di giorno in giorno come il nostro debito pubblico.
Incuranti di tutto questo come denunciano le stesse autorità del posto non ritengono neanche necessario spiegare agli abitanti di Gioia Tauro quali siano le sostanze che dovranno essere trasbordate e così c’è chi denuncia: «Non abbiamo neppure certezza sul materiale trasportato dalla nave. C’è chi parla dei gas Iprite e Sarin, dagli effetti mortali, chi addirittura sostiene che il carico comprenda armi intere pronte per l’uso».  
La gente qui sembra essere stanca di vedersi piovere addosso come tegole quelle che vengono considerate sventure e c’è anche chi azzarda che questo accade «perché apparteniamo a una regione povera. La Calabria è l’anello debole dell’Italia. E comunque l’errore è stato commesso a monte: Norvegia, Francia e Albania hanno rifiutato l’operazione, noi no».
Ma come sempre a nulla servono e sono servite le proteste, una volontà superiore, probabilmente quella della finanza della massoneria deviata ha deciso e a noi cittadini che lottiamo per il non cambiamento non ci resta che abbassare la testa e dire: Signor sì! Almeno fino a quando non decideremo di unirci e combattere queste ingiustizie …

Guerriero del Risveglio
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In Italia, dopo l’accordo Bush-Berlusconi del 2002, via libera alle scie chimiche


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Nicola Bizzi segnala ai lettori di Signoraggio.it questa interessante intervista di Maria Cristina Giovanitti a Rosario Marcianò, Presidente del Comitato Tanker Enemy e alfiere nel nostro Paese della lotta contro le scie chimiche e la geoingegneria clandestina
Non è fantascienza ma una vera e propria guerra ambientale, quella di cui parla Rosario Marcianò, presidente del Comitato Tanker Enemy, sostenuto da un’amplia schiera di ‘pro-scie chimiche’. Parliamo di aerei militari che combattono una guerra silente attraverso delle scie, immettendo nel cielo – e quindi nell’aria che respiriamo – metalli pesanti. Aumentano così malattie neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson e Sla, oltre che tumori e malattie respiratorie. Non sono solo teorie complottistiche se consideriamo i filamenti che si trovano ovunque, soprattutto dopo il passaggio di questi aerei che lasciano il cielo irrorato di scie per ore. Ce ne parla Rosario Marcianò.
Le scie chimiche sarebbero nate come fenomeno clandestino negli anni ’60 ma diventate frequenti dal 2002 in poi. L’Italia è stata svenduta a questi aerei militari americani con l’accordo Bush-Berlusconi, al quale è seguito un secondo denominato ‘Cieli Liberi’, secondo quanto ci racconta Rosario Marcianò, presidente del Comitato Tanker Enemy.
Ci spiega la differenza tra scie di condensazione e scie chimiche?
In questi anni abbiamo assistito al progressivo affiancamento delle scie effimere a quelle persistenti, entrambe chimiche, non dovute al fenomeno della condensazione. Non si può continuare in maniera del tutto errata a distinguere tra scie durevoli intese come ‘chemtrails’ e scie evanescenti che sarebbero formate, invece da vapore acqueo. Poiché il fenomeno della condensazione dipende da parametri precisi, rari di per sé e la cui concomitanza è ancora più rara, anche le “tracce” labili, generate ad altitudini ridotte, sono collegate alle attività di geoingegneria clandestina. Sovente osserviamo velivoli che, in base alle… “necessità del caso” passano dalla modalità “scia persistente” alla modalità “scia evanescente” oppure, addirittura, interrompono l’erogazione. E’ davvero stupido quindi continuare a distinguere erroneamente le scie durevoli da quelle effimere, nel tentativo di comprendere se le une sono scie rilasciate a bella posta, mentre le altre no. D’altro canto, come si accennava prima, le contrails sono rarissime, in quanto ad elevata quota l’aria è molto secca, mentre a quote inferiori non si raggiungono le temperature idonee affiché si generi condensazione all’uscita dei jetfan moderni. Oltretutto gli attuali turbofan con bypass emettono gas incombusti più freddi, rispetto ai vecchi propulsori, per cui le scie di condensazione si formano con ancora minore probabilità.
Che danni hanno queste scie sulla salute? E in che modo?
A mero titolo di esempio… un solo velivolo come un A-330 inquina quanto 400 autovetture Euro 3. I carburanti per aeronautica sono di per sé estremamente tossici. Basta visionare questo studio per rendersene conto: http://www.dtic.mil/dtic/tr/fulltext/u2/a560252.pdf. Dobbiamo poi mettere in conto la diffusione di nuovi carburanti ed additivi come Al-Ice (http://www.tankerenemy.com/2013/12/il-coinvolgimento-delle-compagnie-aeree.html) e lo STADIS 450 (http://www.tankerenemy.com/2010/02/jet-fuel-stadis-450-sali-di-bario.html) oppure lubrificanti come il Tricresyl phosphate (http://nj.gov/health/eoh/rtkweb/documents/fs/3130.pdf), appositamente ideati per assolvere anche particolari esigenze legate alle comunicazioni radar-satellitari in ambito sia civile sia militare. La diffusione in atmosfera di metalli pesanti come bario, alluminio, manganese etc. costituisce il colpo finale all’ambiente ed alla salute umana, giacché questi elementi chimici sono neurotossici e perciò inducono patologie neudegenerative come il Parkinson, l’Alzheimer, la Sla (vedi High Barn Farm, Elworthy, Taunton, Somerset TA43PX, UK – 23 December 2003 – http://www.wnho.net/BariumPoisoningStudy.pdf) nonché leucemie, tumori, malattie respiratorie gravi come la bronchiolite costrittiva…
Quando nasce il fenomeno e con che scopi?
Le operazioni di aerosol clandestine sono nate sul finire degli anni ’60 del XX secolo, ma hanno avuto un incremento decisivo a partire dal 2002. Possiamo individuare i primordi dell’”operazione copertura” nella mente perversa del dottor Stranamore Edward Teller, padre della bomba ad idrogeno, che consigliò di usare armi nucleari in regioni abitate per fini economici. Prima di morire, nel 2003, Teller fu direttore emerito (sic) del Lawrence Livermore National Laboratory, dove furono messi a punto i piani per le armi nucleari, biologiche e ad energia diretta. Nel 1997 Teller dichiarò pubblicamente, in un simposio svoltosi ad Erice sotto l’egida di Antonino Zichichi, il suo proposito di usare l’aviazione civile per diffondere nella stratosfera milioni di tonnellate di metalli elettrocondutttivi, ufficialmente per ridurre il riscaldamento globale. Teller ritenne che l’aviazione commerciale potesse essere adoperata per diffondere queste particelle al costo di 33 centesimi per litro (Un brevetto Hughs del 1991 conferma che il particolato può essere disperso attraverso i motori degli aviogetti). Ciò dà credibilità ad un resoconto di un dirigente di una compagnia aerea, costretto dall’obbligo del silenzio a rimanere anonimo, secondo cui l’aviazione commerciale ha cooperato e coopera tuttora con i militari nelle operazioni.
Ci spiega in che cosa consiste l’accordo Bush-Berlusconi del 2002?
Per inquadrare correttamente l’accordo Italia-U.S.A. definito “Piano dettaglio accordo Italia U.S.A. sul clima” (http://www.scribd.com/doc/8284646/Piano-dettaglio-Accordo-Italia-Usa-Sul-Clima) si deve necessariamente far riferimento al grande inganno definito “riscaldamento globale”, che ha portato ad accordi internazionali, indirizzati a costituire un alibi per le inevitabili violente mutazioni climatiche che la diuturna diffusione di metalli e polimeri in atmosfera avrebbe determinato. Tra questi un innaturale “effetto atmosfera” indotto proprio dalle cosiddette “scie chimiche” e dalle emissioni elettromagnetiche. La stessa N.A.S.A., pur definendole in modo menzognero “contrails”, imputa a queste coperture artificiali un riscaldamento anomalo della bassa atmosfera. L’accordo Italia-U.S.A. (insieme con il successivo accordo “Cieli liberi”) portò alla liberalizzazione dello spazio aereo italiano, sotto il paravento delle sperimentazioni scientifiche atte a contrastare un inesistente riscaldamento globale da CO2.
Quali sono gli aerei coinvolti in queste operazioni?
E’ segno di superficialità seguitare a ripetere che sono soltanto aerei militari (pilotati e no) a diffondere veleni: questi velivoli operano ancora soprattutto nottetempo, ma di giorno ormai gran parte dello “sporco lavoro” è svolto da aerei passeggeri e cargo che impiegano carburanti additivati. Sono aeromobili che non di rado deviano dai corridoi prefissati e scendono di quota per disperdere per lo più composti igroscopici ed elettroconduttivi nelle aree in cui è necessario intervenire per indebolire o neutralizzare una perturbazione o per mantenere bassi i valori di umidità atmosferica, creando quindi una condizione adatta alla propagazione dei segnali elettromagnetici in banda Ka a fini sia strategici sia civili.
Sono le compagnie civili oggigiorno il nerbo delle attività chimiche: aerei dei più disparati vettori, italiani ed esteri, incrociano in tutte le direzioni, in quasi tutte le ore del giorno. Sono normali velivoli con livree e contrassegni riconoscibilissimi.
L’uso di carburanti contenenti additivi è davvero il punto di svolta. Come abbiamo osservato, non è più necessario né installare appositi apparati né ricorrere a chissà quali sotterfugi per rifornire le unità aeree di particolari miscele. Tutto avviene in modo semplice e regolare, alla luce del sole, seguendo negli scali le consuete procedure per l’approvvigionamento di carburante. Così i militari sono quasi “sinceri”, quando smentiscono di essere coinvolti in esperimenti di manipolazione meteorologica ed in iniziative affini. Ci crediamo: molti interventi sono delegati all’aviazione civile.
 A Lei risulta qualche considerazione del Governo Letta in merito?
Il Governo Letta, così come tutti quelli che lo hanno preceduto, fa semplicemente lo struzzo. Parallelamente, però, il partito di cui è esponente ha assunto altri “influencers” (https://fbcdn-sphotos-c-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn2/1415553_1401920093388104_686347061_o.jpg) utili idioti che svolgono un costante lavoro di disinformazione e stalking, nel vano tentativo di smentire le evidenze scientifiche sul tema “geoingegneiria clandestina” e su altri temi scottanti.
Di Maria Cristina Giovanitti

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